Doveva durare solo quattro episodi, la serie di vignette “58 giorni – Cronache dall’isola senza governo” disegnata da Mario Natangelo sul Fatto Quotidiano, ma ormai siamo arrivati alla ventesima puntata. “Il primo maggio, 58esimo giorno dopo le elezioni – spiega Natangelo a Formiche.net – la redazione del Fatto era stremata, non si sapeva più che fare per raccontare le contrattazioni, gli accordi possibili, le convergenze impossibili. Allora ho inventato la striscia sull’isola senza governo, che doveva raccontare una sola giornata dello stallo politico: la cinquantottesima. Oggi, venti puntate dopo, i giorni sono aumentati e siamo ancora tutti sull’isola, naufraghi, senza sapere cosa succederà in futuro”.
Sull’isola immaginata dal fumettista del quotidiano diretto da MarcoTravaglio (qui si possono trovare tutte le tavole), il protagonista è un naufrago affiancato dal fedele compagno da lui costruito, la palla di nome Martina (come il segretario reggente del Pd), e insieme affrontano le intemperie imprevedibili di questi tempi senza governo…
Il tuo naufrago è sull’isola dal 4 marzo, giorno delle elezioni: come ha reagito alla nuova richiesta di tempo fatta dalle forze politiche a Sergio Mattarella?
Lui ha iniziato a capire che qualcosa sta succedendo e questo qualcosa non sembra piacergli. Lisola gli ha portato chiari segnali di quella che sembrerebbe una alleanza tra Movimento 5 Stelle e Lega: ha trovato due teschi, uno molto piccolo – che era quello leghista – e uno con un microchip – quello dei 5 Stelle – che gli hanno fatto capire che lui e il suo amico Martina sono in pericolo. Insomma, qualcuno sta arrivando sull’isola ed è difficile capire cosa possa succedere adesso.
Nell’ultimo episodio il fedele Martina viene ucciso. Come l’ha presa il naufrago?
Quel che è certo è che il pallone Martina è morto ed è stato ucciso: era il compagno perfetto per il naufrago – dopo tutto se l’è costruito lui – e senza sarebbe potuto impazzire. Confesso che era anche qualcuno da prendere in giro ferocemente, come è facile fare ora con il Partito Democratico, altra vittima (ma anche artefice) del naufragio del 4 marzo. Adesso è un momento di lutto per il naufrago, ma è anche il momento in cui ha scoperto di non essere più davvero solo sull’isola: pare ci sia qualcun altro, magari il famoso “Venerdì” di Robinson Crusoe, ma sono tutte cose che si scopriranno più avanti.
Nel corso di questi lunghi giorni ha provato a usare i programmi i dei vari partiti per sopravvivere, non gli è andata molto bene…
Ha provato a usare diverse strategie politiche per scappare dall’isola, ma senza successo. Prima ha provato a costruire una zattera con il programma del Movimento 5 Stelle, ma dopo qualche indicazione pratica si finiva con “USCIRE DALL’EURO!”, ma che c’entra? Si è dovuto rassegnare. Poi ha provato con il regolamento del Pd, la “mozione zattera”: come si è visto con l’ultima Direzione Pd, prima è stata annunciata, poi allontanata, poi spostata ancora, si decide di metterla ai voti e poi arriva Renzi in tv che dice: “Non se ne fa niente”, e ancora una volta il naufrago resta senza zattera. Quando ha provato a seguire il programma della Lega, ancora peggio: ha affondato da solo il suo stesso barcone… Insomma, mi pare evidente che non ci sia speranza.
Non solo per il naufrago, pare…
L’isola è una buona metafora della mia visione della politica: dicono che nessun uomo sia un’isola, invece di questi tempi chi non si incasella politicamente in uno schieramento finisce, volente o nolente, su un’isola deserta. Per il naufrago sembra non esserci speranza, siamo bloccati qui e non si può fare affidamento sulle soluzioni proposte dai vari partiti. Non ci resta che guardare l’orizzonte, vedere cosa succede, magari arriva una barca oppure un’altra tempesta che porta via tutto un’altra volta.
Non pensi che potrebbe fare una capatina un nuovo (si fa per dire) personaggio, riabilitato da poco?
Silvione? Sarebbe l’ideale, perché è una buona spalla comica, porta con sé un bagaglio di comicità. Forse abbastanza trita ma mi diverte immaginarlo su un’isola deserta magari con una tribù chiamata “bunga bunga”… La verità è che ho paura a far arrivare nuovi personaggi sull’isola: ho abbozzato lo sbarco di Travaglio, Scanzi, anche Gentiloni, ma poi non ho mai fatto arrivare nessuno. Turberebbero l’equilibrio dell’isola. Martina aveva di bello che era muto, parlava con le facce, e soprattutto rafforzava un’idea fondamentale: il naufrago è solo e disperso. E adesso, senza il suo compagno, lo è ancora di più.
Pensi che reggerà ancora o è giunto allo stremo?
Nella tavola originale la storia finiva il 59esimo giorno, con un’ipotesi di suicidio. Come in Cast Away, quando il protagonista fa le prove con una corda e un manichino per impiccarsi, ecco: il mio naufrago avrebbe dovuto provare ad uccidersi leggendo un editoriale di Michele Serra su un autobus affollato, però poi dopo il 59esimo giorno ce ne sono stati tanti altri: il naufrago ha stupito anche me resistendo tanto a lungo. Forse ancora crede in qualcosa ma non so immaginare quale sarà la sua reazione nei prossimi giorni: se proverà a scappare cercando di andare via a nuoto, aspettare il nuovo governo oppure farla finita davvero. Finora ha resistito a lungo, dipenderà da cosa gli porterà il mare.