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Come rispondono le città italiane alla sfida dei cambiamenti climatici

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Ogni anno, con l’inizio della stagione estiva e l’arrivo dei primi caldi, si torna a ragionare di cambiamenti climatici e dei loro effetti. Specialmente quelli determinati dai sempre più frequenti “fenomeni meteorologici estremi”: nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate. Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente sugli impatti dei cambiamenti climatici (Sos acqua: nubifragi, siccità, ondate di calore. Le città alla sfida del clima) sono 198 i Comuni italiani dove, dal 2010 ad oggi, si sono registrati impatti rilevanti con 340 fenomeni meteorologici estremi, 64 i giorni di blackout elettrici causati dal maltempo e 64 i giorni di stop a metropolitane e treni urbani nelle principali città italiane, prima fra tutte Roma con 23 giorni, seguita da Milano con 15.

Il caldo record registrato in Italia nell’estate 2017 (con il mese di giugno tra i più caldi degli ultimi 150 anni) ha provocato un lungo periodo di siccità seguito da piogge torrenziali. Così, nei quattro principali bacini idrografici italiani (Po, Adige, Arno e Tevere) le portate medie annue hanno registrato una riduzione complessiva del quasi 40% rispetto alla media del trentennio 1980- 2010. Il Lago di Bracciano, per tutta l’estate sulle prime pagine di tutti i giornali per il contenzioso relativo all’approvvigionamento idrico della Capitale, ha registrato un abbassamento di 160 centimetri e a Roma è caduto l’80% in meno di pioggia.

L’aumento delle temperature e le conseguenti ondate di calore possono avere effetti nocivi per la salute, soprattutto per gli anziani e gli ammalati, quando le temperature diurne superano i 35°C e quelle notturne non scendono sotto i 25. Tra il 2005 e il 2016, in 23 città italiane, le ondate di calore hanno causato quasi 24 mila morti. Dal 2010 al 2017, secondo il Cnr, le sole inondazioni hanno provocato nel nostro Paese la morte di 157 persone e l’evacuazione di oltre 45 mila persone. Senza contare che si continua ancora a sprecare troppa acqua: nel 2015 è stata dispersa oltre il 38% dell’acqua immessa nella rete di distribuzione, con perdite che potrebbero soddisfare la domanda annuale di 10 milioni di persone. Proprio a questo scopo Legambiente ha lanciato la campagna “Un mondo di gocce”, per promuovere un uso sostenibile dell’acqua.

“L’adattamento al clima – ha detto Edoardo Zanchini , vice presidente di Legambiente – rappresenta la grande sfida del tempo in cui viviamo. La mappa del rischio climatico rende evidente la diffusione e la dimensione dei fenomeni meteorologici estremi nel territorio italiano. Il nostro Paese non è tutta uguale di fronte ai rischi del cambiamento climatico, esistono situazioni differenti tra le Regioni e le città. Ed è per questo che occorre superare la frammentazione degli interventi dei diversi ministeri, creando una cabina di regia sulle strategie climatiche”.

Secondo il Rapporto, sono i grandi agglomerati urbani quelli più a rischio per le conseguenze dovute ai cambiamenti climatici, perché è nelle città che vive la maggioranza della popolazione ed è qui che le forti piogge, le trombe d’aria e le ondate di calore provocano gli effetti più devastanti. L’Italia, poi, è una dei paesi più “delicati” dal punto di vista idrogeologico con oltre 7 mila comuni (88% del totale) con almeno un’area a rischio idrogeologico e con oltre 7 milioni di persone che vivono in queste zone. Nonostante tutto questo ancora si continua a costruire in aree a rischio con conseguenti danni alle infrastrutture e agli edifici. Sono oltre 61 miliardi gli euro spesi dal 1944 al 2012 solo per i danni provocati dagli eventi estremi nel territorio italiano: dal 1945 ad oggi, secondo i dati di “Italia sicura”, il nostro Paese paga in media 3 miliardi e mezzo l’anno per risarcimenti e riparazioni provocati da eventi di dissesto.

Il Rapporto contiene anche proposte operative per mettere in sicurezza le aree a rischio. Innanzitutto dovranno essere approvati i cosiddetti “piani clima” delle città più a rischio, anche attraverso l’adozione di una normativa nazionale per l’adattamento climatico compreso un nuovo modello di gestione dell’acqua nelle città. Inoltre la salvaguardia della permeabilità dei suoli nelle aree urbane; il recupero , il riutilizzo e il risparmio dell’acqua in tutti gli interventi urbani; pianificazione di interventi che riguardano gli spazi pubblici.

Alcune città europee (Barcellona, Copenaghen, Rotterdam) hanno già approvato piani clima per le aree urbane. Qualcuna anche in Italia (Bologna e Treviso) ha iniziato a mettere in cantiere opere di manutenzione e creare quartieri vivibili, quando le temperature crescono, grazie agli alberi e all’acqua e all’utilizzo di materiali naturali che permettono di ridurre l’effetto “isole di calore”. È solo l’inizio di un processo che dovrebbe coinvolgere tutti con progetti in grado di affrontare i rischi legati ai cambiamenti climatici in una prospettiva di miglioramento della vita nelle città.


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