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I numeri che danno ragione alle Banche Popolari

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Nelle ultime considerazioni finali, lette dal governatore della Banca d’Italia, un passaggio ha riguardato la redditività degli istituti italiani che pur tornando in numerosi casi ad essere positiva nel 2017 (come evidenziato dall’andamento del Roe riportato in appendice alla Relazione della Banca d’Italia) continua comunque ad essere ancora troppo bassa rispetto a quanto fatto segnare da altri sistemi bancari europei nel loro complesso. Ciò deriva anche da un livello ancora elevato delle perdite su crediti che, come ha ricordato il governatore “Per le banche diverse da quelle di credito cooperativo (Bcc) lo scorso anno il costo del rischio, misurato dal rapporto tra il flusso di rettifiche e la consistenza media dei prestiti, è stato di quasi 190 punti base, contro i circa 100 delle banche maggiori. Per un quarto di questi intermediari minori il tasso di rendimento del capitale proprio è stato negativo”.

Un aspetto, questo, ripreso anche da alcuni organi di stampa, dove però le Banche Popolari sono state chiamate in causa in misura piuttosto forzata attribuendo al Credito Popolare le difficoltà maggiori e motivandolo con la solita storia che tali istituti sono inefficienti e che per la loro sopravvivenza sia necessario uniformarsi maggiormente agli standard di un mercato sempre più aperto e concorrenziale generalmente focalizzato su un unico modello di banca che dovrebbe prevalere sugli altri. Ma è davvero così?

Innanzitutto sarebbe il caso di ricordare con più frequenza come anche in altri importanti sistemi bancari europei, quali quello tedesco e francese, siano ancora presenti galassie di banche di dimensione molto contenuta (si pensi ad esempio alle Landsbank in Germania) e come la cooperazione bancaria continui ad essere fortemente radicata e vitale anche in gruppi bancari di dimensioni rilevanti e di importanza internazionale.

Ma proprio i dati riportati all’interno dell’appendice della Relazione della Banca d’Italia mostrano come per diversi indicatori la performance degli istituti del Credito Popolare sia stata analoga o migliore rispetto alle altre realtà, piccole o grandi che siano. Sul Roe, ad esempio, che misura la redditività delle banche (tavola a13.15 dell’appendice) le Popolari non solo sono state le uniche ad avere un dato positivo sia nel 2016 che nel 2017 ma nell’ultimo anno hanno registrato un valore (3,9%) molto prossimo alla media di sistema (4,1%).

Inoltre, sempre sulla base dei dati aggiornati dell’appendice della Banca d’Italia, le Banche Popolari hanno dimostrato di essere state più efficienti anche per quanto riguarda il costo del rischio e l’efficienza operativa. Infatti, gli istituti del Credito Popolare hanno registrato un costo del rischio (misurato dal rapporto tra il flusso di rettifiche e la consistenza media dei prestiti) pari a 71 punti base contro un dato medio che per le altre banche supera i 100 punti base (tavola a13.15). A ciò si aggiunge una migliore efficienza operativa, misurata dal cost-income ratio (rapporto tra costi operativi e margine d’intermediazione) pari al 64,8%, quasi cinque punti percentuali inferiore al dato delle banche società per azioni (tavola a13.15). Infine, se si considera il livello di patrimonializzazione, le Banche Popolari hanno un livello del capitale primario di classe 1 (rappresentato principalmente dal capitale ordinario versato) rispetto alle attività ponderate per il rischio superiore alle banche SpA (13,8% contro il 13,5%), a conferma, quindi, di come una migliore efficienza si congiunga anche ad una maggiore solidità (tavola a13.16).

Quanto poi ai continui confronti tra redditività dei sistemi bancari nord europei rispetto al nostro è da tenere conto la diversa struttura degli attivi di bilancio, più orientato per le prime verso attività finanziarie di tipo speculativo e non verso il credito all’economia reale (62% il peso degli impieghi sul totale attivo in Italia contro una media per l’area euro del 56,7). Modelli di intermediazione diversi che non possono essere confrontati tra loro così superficialmente e che derivano la loro diversità dal fatto di operare in sistemi economici e produttivi profondamente differenti, con una prevalenza della grande industria nei paesi del Nord e, al contrario, delle piccole e medie imprese nel nostro.

Se nei prossimi giorni potrà nascere sul tema una discussione approfondita, grazie anche al rinnovato interesse che su tale questione sembra nuovamente manifestarsi anche a livello istituzionale, sarà senz’altro un fattore positivo per preservare quella biodiversità in ambito bancario che per alcuni forse può rappresentare una minaccia ma che in realtà è una delle risorse più preziose per lo sviluppo e la crescita dei territori.



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