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Netanyahu e Putin: il vertice che può decidere il futuro della Siria

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“Apprezzo molto l’eccellente connessione diretta, senza intermediari, tra me e il presidente russo. È molto importante per la sicurezza nazionale dello Stato di Israele”. Con questo tweet inizia il viaggio del primo ministro israeliano Bejamin Netanyahu verso Mosca. Il leader incontrerà Vladimir Putin e ha già annunciato quali saranno le tematiche che porterà alla sua attenzione. “Parleremo della questione siro-iraniana, e discuteremo delle esigenze di sicurezza di Israele” ha affermato il leader israeliano, la cui esigenza di ridimensionamento della presenza iraniana in Siria è già stata oggetto di discussione negli incontri precedenti.

LE RICHIESTE DI ISRAELE

Non è un segreto che la crescente presenza militare iraniana in Siria rappresenti una preoccupazione per Gerusalemme, in particolare nella zona del Golan dove il contatto tra le avanzate armi di Teheran e i miliziani di Hezbollah rischia di concretizzarsi come una minaccia per la sicurezza del Paese. Da mesi ormai Israele chiede che il principale interlocutore geopolitico in Siria, ovvero la Russia, negozi il mantenimento di una zona demilitarizzata nel Golan distante almeno 40 km dal confine siriano.

Durante l’incontro tenuto ieri tra Netanyahu, l’inviato speciale di Putin, Alexander Lavrentiev e il viceministro degli esteri della Russia, Sergey Vershinin, il primo ministro ha ribadito che Israele non “tollererà la presenza militare dell’Iran e dei suoi alleati in Siria” e che per quanto riguarda il Golan ”la Siria deve rispettare rigorosamente l’Accordo di separazione 1974”, ovvero l’intesa sul disimpegno tra le due nazioni in vigore da trent’anni e, attualmente, l’accordo tra Israele e un paese “nemico” che ha avuto maggiore durata nella storia.

SCENARI FUTURI

Mentre il ritiro delle forze iraniane dall’intera nazione siriana è stato definito “irrealistico” Da Sergey Lavrov, ministro degli Esteri russo, la Russia potrebbe accettare con meno riserve di tenere le truppe iraniane distanti dal confine del Golan, spingendo con un accordo diplomatico la Repubblica Islamica ad abbandonare le aree più vicine ad Israele, tenute a distanza da una zona demilitarizzata distante tra i quaranta e gli ottanta chilometri dal confine. Non è escluso, a tal proposito, un accordo tra Israele e Siria appoggiato dalla Russia stessa che si proponga di diminuire le frizioni tra le due nazioni.

ISRAELE, UN NUOVO MEDIATORE?

L’intero meeting si svolgerà all’ombra dell’attesissimo incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin fissato per il 16 luglio a Helsinki. Il dialogo tra i due leader comprenderà anche un focus sulla questione Siriana, ed attualmente l’unico attore coinvolto nel conflitto che si sia confermato alleato di entrambi (pur sottolineando l’indissolubilità del legame con Wahington) è proprio Israele.

Uno dei maggiori esperti Israeliani di questione siro-iraniana (nonché docente, ricercatore e ex consigliere presso il ministero della Difesa), Ely Karmon, ci ha rivelato le sue sensazioni sull’incontro tra Putin e Netanyahu e i suoi effetti sul vertice di Helsinki: “uno dei problemi più urgenti sarà quello che accadrà quando l’esercito siriano raggiungerà il confine del Golan israeliano e la questione del rispetto delle clausole dell’accordo armistiziale del 1974. Credo che i due insieme cercheranno di capire cosa porterà Trump sul tavolo delle trattative a Helsinki, mentre Netanyahu si concentrerà anche sulle eventuali proposte russe in relazione alla questione siriana e iraniana”.

Insomma, la possibilità di un accordo sulla Siria approvato sia da Trump che da Putin, e che rispetti le esigenze di sicurezza dello stato d’Israele non è da escludere. Se questo scenario dovesse verificarsi in ottemperanza con l’alleanza strategica tra la Russia e la Siria, gli unici scontenti potrebbero essere gli Ayatollah, che nelle ultime settimane a Teheran hanno affrontato una serie di dilaganti proteste interne proprio a causa dell’elevatissimo costo – a spese dei cittadini – delle proxy war e delle operazioni espansionistiche dell’Iran in medio oriente. Solo pochi minuti fa un drone Siriano è penetrato oltre dieci km all’interno dei confini Israeliani – successivamente abbattuto da un Patriot. “Se l’infiltrazione nel Golan tramite il drone dovesse rivelarsi iraniana, questo simboleggerebbe una sfida non solo ai danni di Israele, ma anche dell’alleato russo” ha concluso Karmon.


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