La strategicità del gasdotto Tap è dimostrata, oltre che da numeri su trend e strategie, anche dai riverberi che il nuovissimo vettore del gas porta in grembo. Uno di essi riguarda il ruolo di Baku in affiancamento ad altri players della macro regione mediterranea che guarda a est e quel dossier energetico che è diventato il primo punto nell’agenda internazionale.
La Turchia incassa l’appoggio azero per la sua ricerca di idrocarburi, dopo che gli Usa hanno da tempo detto di stare dalla parte di Cipro e Grecia (e dei trattati internazionali). Ma la partita appare complessa e articolata, anche per una di una serie di mosse scomposte come quelle avanzate costantemente dal regime di Erdogan.
A CACCIA DI GAS
Al porto di Antalya sono pronti i mezzi turchi e azeri (con bandiera turca) per operare nei primi due pozzi di trivellazione. E tutti i subappalti sono stati chiusi per i prossimi due anni. Entro il 20 agosto si parte ufficialmente e l’operazione di perforazione si svolgerà nei primi giorni di settembre.
Solo due giorni fa gli Usa avevano detto chiaramente di stare dalla parte di Grecia e Cipro con la polemica diplomatica conseguente, ma è chiaro che la vicinanza alla Zona economica esclusiva di Cipro fa alzare la tensione tra i due paesi. Se per il momento la Zee è apparentemente fuori da questa prima operazione di trivellazione, in un secondo momento non è esclusa, anzi è stata apertamente citata dal Presidente turco Erdogan come obiettivo di Ankara (oggi nervosa con la lira turca che crolla di un altro 2% dopo le sanzioni statunitensi).
Tre giorni fa nella piattaforma di perforazione in questione è stato trasbordato, sotto la bandiera olandese, tutto il materiale necessario per i lavori. Manca solo la fornitura di carburante e l’emissione del relativo Navtex per determinare il punto esatto e la durata della prima perforazione.
La gestione operativa delle prime due perforazioni dovrebbe essere effettuata dalla Turkish Petroleum Association (Trac), ma in pratica la Azeri Drilling Company, con sede a Baku, avrà il controllo operativo e tecnico.
Si tratta di un soggetto nato nel 1986 guidato al 35% da Socar, al 35% alla Target Petroleum Azerbaijan Corporation di Panama e al 30% dalla Scotland First Drilling Limited. Molti sono i professionisti turchi presenti nello staff tecnico di Azeri Driling.
CHI E PERCHÉ
Al momento i servizi di supporto offshore per l’impianto di perforazione Fatih sono stati affidati in subappalto alla Norvegia Siem Offshore di stanza a Kristiansand, una compagnia già presente da tempo nello scacchiere cipriota con una sede a Limassol, che ha già inviato la Sophie Siem, arrivata al porto di Antalya due settimane fa da Las Palmas, oltre a due elicotteri AW139, di cui uno configurato per trasportare nove passeggeri da e verso la piattaforma di perforazione, mentre il secondo con meno passeggeri perché porta l’apparecchiatura di pronto soccorso.
Il problema è che tale mossa segue gli annunci di Erdogan degli ultimi mesi di voler perforare nella Zee di Cipro, dove non ha l’appoggio né di leggi né dei trattati internazionali. In primis il Trattato di Montego Bay esclude qualsiasi pretesa di Ankara perché prescrive che la sovranità dello Stato può estendersi per massimo dodici miglia fino ad una zona di mare adiacente alla sua costa, il cosiddetto mare territoriale, su cui il singolo Stato esercita le proprie prerogative.
Invece lo sfruttamento esclusivo di minerali, idrocarburi liquidi o gassosi, si estende su tutta la propria piattaforme continentale, intesa come il naturale prolungamento della terra emersa sino a che essa si trovi ad una profondità più o meno costante prima di sprofondare negli abissi. Per cui lo Stato costiero (e non l’invasore turco che occupa la parte nord dal 1974) è unico titolare del diritto di sfruttare tutte le risorse biologiche e minerali del suolo e del sottosuolo.
Il clima di scontro si desume anche dalle nuove accuse contro la stampa e dal tentativo di intimidazione denunciato dal governo di Nicosia. Secondo lo speaker del governo cipriota, Prodromos Prodromou, nella parte occupata dai turchi si segnalano persecuzioni contro il giornale Afrika e i suoi giornalisti Sener Levent e Ali Osman in Turchia. I fatti sono stati segnalati dal governo all’Osce chiedendo un “intervento in difesa della libertà di espressione e della libertà di stampa”.
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