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Più carbone per tutti. Così Trump cambia sul cambiamento climatico

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L’Epa, l’agenzia per l’ambiente americana, ossia il ministero all’Ambiente, ha proposto uno schema normativo per rivedere il Clean Power Plan varato da Barack Obama, un provvedimento che avrebbe dovuto limitare le emissioni di gas serra prodotte dalle centrali a carbone, praticamente mai entrato in vigore perché nel 2016 la Corte Suprema lo aveva bloccato davanti alle denunce di molti stati.

Ora verrà rimpiazzato da nuove regole, molto più lasche; nell’iter previsto dalla legge, c’è da aspettarsi una serie di denunce da parte di stati che hanno visioni più verdi e organizzazioni ambientaliste.

Donald Trump parla fin dai tempi della campagna elettorale della necessità di aiutare la produzione di carbone e le centrali elettriche collegate riducendone gli aggravi per il controllo delle emissioni, strategia su cui invece l’amministrazione Obama aveva piazzato parte del piano per combattere i cambiamenti climatici – a cui invece Trump e i suoi non sembrano credere troppo.

La distanza è culturale: Obama aveva stretto sui limiti emissivi di diossido di carbonio per tagliare fuori tutte quelle centrali a carbone che non provvedevano agli ammodernamenti necessari, ma sostanzialmente per tagliare fuori proprio il carbone dalla produzione energetica favorendone la sostituzione con altri metodi meno inquinanti; Trump, che ha promesso ai lavoratori delle miniere carbonifere degli Stati Uniti una nuova era florida, sta facendo in modo che, alzando i limiti sulle emissioni (e mantenendoli solo per la ristretta area dell’impianto), non siano necessari miglioramenti tecnologici e aggiornamenti delle centrali.

D’altronde, l’amministrazione Obama è stata il cardine dell’accordo sul Clima di Parigi, mentre Trump aveva promesso già prima di essere eletto di ritirare gli Stati Uniti da quell’intesa multilaterale che lui valuta non vantaggiosa per i propri interessi, un freno verso l’obiettivo “Make America Great Again”, slogan trumpiano consolidato. E così ha fatto.

I trumpiani, che difendono la decisione perché ritengono il Clean Power Plan illegale in quanto forzatura federale contro le aziende elettriche, diranno che questa nuova norma fermerà quella che chiamano la guerra di Obama al carbone, ma gli analisti indipendenti dicono che in realtà il declino del carbone continuerà, ed è alimentato in gran parte da un minor costo di gas naturale (estratto dagli shale) ed energie rinnovabili.

“La proposta odierna fornisce agli stati e alle comunità la certezza di cui hanno bisogno per continuare il progresso ambientale mentre soddisfano l’obiettivo del dominio energetico del presidente Trump”, ha detto Andrew Wheeler, che guida l’Epa da quando Scott Pruitt s’è dimesso da segretario “dopo una cascata di polemiche sulle sue spese sontuose, errori etici e decisioni di gestione controverse che alla fine hanno eroso la fiducia del presidente in uno dei suoi più ardenti membri del Gabinetto” (come scrisse il Boston Globe).

Ma è la stessa analisi tecnica che accompagna il disegno di legge a mettere nero su bianco che le emissioni aumenteranno e produrranno una perdita di benefici per la salute umana; l’Epa dipinge addirittura uno scenario di applicazione – che avrà regole statali – secondo cui sono previsti tra i 470 e i 1400 decessi prematuri ogni anno fino al 2030 a causa dell’aumento dei tassi di particolato aerodisperso microscopico, noto come PM 2.5, pericoloso a causa del legame con malattie cardiache e polmonari e capacità di innescare problemi cronici come l’asma e la bronchite.

(Secondo lo stesso complesso sistema di modellazione studiato dall’Accademia Nazionale delle Scienze – che l’EPA ha utilizzato per decenni per calcolare i vantaggi e gli svantaggi delle regolamentazioni in materia d’inquinamento – il piano più aggressivo pensato da Obama avrebbe ridotto quelle morti con numeri che andavano dai 1500 ai 3600, per ogni anno, nello stesso lasso di tempo).

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