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Trump tratta. Con Messico e anche con Canada. Un nuovo Nafta avanza

Un nuovo Nafta potrebbe essere “a portata di mano”, ha fatto sapere mercoledì il premier canadese, Justin Turdeau, annunciando che già venerdì 31 agosto Canada, Messico e Stati Uniti potrebbero chiudere i negoziati su un nuovo accordo di libero scambio che rivedrebbe in parte il North American Free Trade Agreement, in piedi dai primi anni Novanta, ma nel corso degli ultimi due anni bombardato a più riprese dal presidente americano, Donald Trump, che lo considera svantaggioso per gli interessi statunitensi.

Anche Trump aveva annunciato ai giornalisti che i negoziati stanno andando “davvero bene”, e lunedì Washington e Città del Messico hanno annunciato di aver raggiunto un’intesa su alcuni punti da rivedere del trattato. Trudeau, però, in conferenza stampa ha messo le mani avanti: il simbolo globale dei politici liberal ha anticipato che, sebbene le cose potrebbero chiudersi in fretta, si riserva di valutare come le modifiche ricadranno sul suo paese. Se non ci sono buone condizioni per il Canada, ha detto, se ne andrà dal tavolo di confronto: “Nessun accordo Nafta è meglio di un pessimo accordo Nafta”.

Trump e Trudeau rappresentano posizioni agli antipodi e sono i riferimenti internazionali di due visioni diverse della politica e del mondo; lo scontro è ormai pubblico da quando l’americano prese il canadese a male parole durante la chiusura dell’ultimo G7. Ma i contatti tra i rispettivi negoziatori non sono mai stati interrotti: mercoledì, Chrystia Freeland, ministro degli Esteri canadese, ha avuto un incontro personale con il rappresentante del commercio statunitense Robert E. Lighthizer dal quale è uscita piuttosto ottimista.

“Stiamo avendo buone conversazioni, stiamo facendo progressi”, ha commentato Freeland, che era a Washington da martedì: lì ha visto separatamente i delegati messicani, che l’hanno informata sul preliminare raggiunto con gli americani.

Se alla fine già venerdì il Canada dovesse dare semaforo verde a una revisione dell’accordo, sarebbe una vittoria politica per Trump, che ha voluto spostare il corso delle discussioni dal canale multilaterale a quello bilaterale. Su quel campo il presidente americano sa di poter giocare di forza, gli Stati Uniti sono una realtà economico-commerciale più grossa sia del Canada che del Messico, e proprio su questo ha ottenuto l’ok del presidente messicano, Enrique Peña Nieto.

Di più: Trump uscirebbe rinvigorito anche dal punto di vista tattico. La strategia della pressione messa in atto con il Canada, minacciato di essere isolato quando il Prez ha detto che l’eventuale intesa con i messicani potrebbe essere utilizzata come sostituzione al NAFTA (senza un attore), potrebbe aver mosso Trudeau verso un’accelerazione. Trump usa spesso questa tattica aggressiva, ma i risultati non sempre sono eccellenti: vedere per esempio lo stallo della situazione in Corea del Nord (dove è arrivata la fase della carota, con l’incontro di Singapore, dopo mesi di bastone) o con l’Iran.

Dei dettagli si sa poco, e d’altronde è stata la stessa Freeland a spiegare ai giornalisti che lei e Lighthizer non intendono “negoziare in pubblico”, e per questo preferiscono non parlare di quelli che sono i punti scabrosi ancora sul tavolo – e ce ne sono, visto che sia la ministro che Trudeau hanno voluto specificare che “abbiamo una grande mole di lavoro da fare questa settimana” (disaccordi noti riguardano la politica simil-protezionistico sul settore lattiero-caseario canadese che Trudeau ha già annunciato di voler difendere, il processo per risolvere le controversie commerciali troppo filo-americano e le norme sulla protezione della proprietà intellettuale, nonché il mercato automobilistico: poi ci sono i dazi sull’acciaio e l’alluminio imposti da Trump, che in un sistema di libero scambio sembrano quanto meno stonare).

Tutti, comunque, fanno notare quanto siano aperti in questa fase negoziale gli americani. Kelly Craft, l’ambasciatrice americana in Canada che ha partecipato ai colloqui di questi giorni, ha detto al Washington Post che “la cosa importante sono i progressi”. Ed è questo l’aspetto interessante: ossia, alle minacce del presidente seguono contatti cordiali e proficui con i negoziatori (un doppio binario che ricorda la tecnica poliziesca del Mutt and Jeff).

Ieri, intervistato dalla Cnbc, il segretario al Tesoro americano, Steve Mnuchin, ha detto che “stiamo facendo progressi” pratici anche con l’Unione europea. Parole che seguono la tregua commerciale siglata il 25 luglio con la stretta di mano alla Casa Bianca  tra Trump e il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker.

È un pattern intrigante: dopo le azioni distruptive trumpiane – servite anche per dar spazio alle promesse elettorali e alle richieste dei fan – contatti e relazioni profonde sembrano riallineare la situazione su traiettorie più classiche, ci fa notare una fonte diplomatica americana che preferisce restare anonima.

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