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Che succede sul gas dopo la multa salata comminata all’Egitto?

Il consorzio Union Fenosa Gas (UFG), partecipato dalla spagnola Naturgy e dall’italiana Eni, che gestisce l’impianto Damietta di gas naturale liquefatto (LNG) in Egitto, dovrà ricevere un indennizzo da 2 miliardi di dollari. Lo ha stabilito un organismo arbitrale della Banca Mondiale che ha condannato l’Egitto nella disputa sulle forniture di gas naturale. Ma anziché in cash Il Cairo potrebbe ripagare con altra moneta.

DAMIETTA

Union Fenosa Gas (UFG) possiede circa l’80% dello stabilimento Damietta LNG, il restante è del governo egiziano. Lo stabilimento fornisce 750 milioni di metri cubi di gas al giorno. Il ministero dell’energia del Cairo starebbe negoziandocon i partner stranieri come compensare una parte delle perdite causate dall’arresto dell’esportazione di gas per circa sei anni. Avanza l’ipotesi di rinuncia a parte della quota di esportazione dell’Egitto nella fabbrica per un periodo predeterminato.

Fonti governative riportano che la decisione del comitato arbitrale della Banca Mondiale (WB) non influenzerà i futuri progetti dell’Egitto legati allo sfruttamento degli idrocarburi e alle partnership già strutturate con primarie realtà internazionali.

Per cui, secondo quanto riporta il Financial Times, l’Egitto non pagherà quella somma in contanti, ma sotto forma di ripresa delle forniture di gas all’impianto. La conclusione della disputa potrebbe aprire la strada a una rapida ripresa delle esportazioni di GNL dell’Egitto.

QUI UFG

“Ufg esprime la sua grande soddisfazione per l’esito della disputa poiché rafforza la sua fiducia nella risoluzione finale di questa lunga controversia e consente all’azienda di riaffermare il suo impegno nei confronti dell’Egitto e la sua volontà di continuare a operare nel paese generando ricchezza, benessere e sviluppo sociale”.

Nello specifico l’Egitto è stato ritenuto responsabile della violazione del trattato bilaterale di protezione degli investimenti tra la Spagna e l’Egitto poiché alla società non è stato concesso il giusto ed equo trattamento richiesto. Si tratta della seconda risoluzione analoga favorevole alle richieste di Ufg dopo quella emessa dal Centro regionale del Cairo per l’arbitrato commerciale (CRCICA) nel dicembre 2017.

Ufg fa sapere che il proprio obiettivo è sempre stato quello di raggiungere un accordo con il governo egiziano basato sul pagamento di un risarcimento per i danni causati, il ripristino della fornitura e l’offerta di garanzie di conformità contrattuale in futuro. Ufg ha firmato il primo contratto di esportazione di gas in Egitto nel 2000; un contratto a lungo termine con un termine iniziale di 25 anni per la fornitura di gas fino a 4,4 miliardi di metri cubi. Lo stabilimento di Damietta, con una capacità di lavorazione fino a 7,56 bcma, è posseduto per l’80% da UFG e per il 20% da parte delle compagnie nazionali egiziane, EGAS e EGPC.

Il progetto è stato finanziato dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) e da un gruppo di 22 soggetti. L’importo totale dell’investimento effettuato nell’impianto di liquefazione di Damietta ammonta a oltre 1.300 milioni di dollari. I diritti di prelievo per il gas naturale liquefatto (GNL) trattati dallo stabilimento di Damietta sono condivisi tra Ufg e la compagnia nazionale egiziana Egas, rispettivmente per il 60 e il 40 percento.

EGYPT HUB

La nuova frontiera del gas Mediterraneo è l’Egitto, che alla luce del nuovo quadriumvirato legato agli irocarburi con Israele, Cipro e Grecia, si candida ad essere il nuovo gas hub. Un elemento di vantaggio rispetto al passato è da ritrovarsi nelle mutate condizioni interne del Paese. Lo dimostra il fatto che dal 2018 l’economia egiziana si è guadagnata ufficialmente i galloni di economia in via di stabilizzazione: all’orizzonte la crescita del pil, l’inflazione moderata e il consolidamento fiscale.

È in questo scenario che si inserisce il dossier idrocarburi, con la presenza in Egitto di due terminali di liquefazione costruiti lungo la costa settentrionale. Il primo grande frutto di questa nuova stagione si coglie nell’accordo da 15 miliardi di dollari siglato lo scorso febbraio con gli esportatori israeliani di gas e la società egiziana Dolphinus che permetterà a Tel Aviv di utilizzare gli impianti di liquefazione egiziani. In questo modo vi sarebbe presto uno sbocco per il giacimento di gas Leviathan offshore di Israele.

L’Eni gioca un ruolo primario nel paese dove, dal dicembre 2017, è stata avviata a tempo di record la produzione a gas dal giacimento di Zohr (Eni 60%, operatore), attraverso pozzi e facility sottomarine. Al momento risulta convogliata tramite sealine al primo treno di trattamento del nuovo impianto onshore con una capacità di circa 10 milioni di metri cubi/giorno.

Lo schema di progetto di Zohr prevede la realizzazione di altri 7 treni di trattamento gas.

twitter@FDepalo

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