Qualcuno sta giocando con il fuoco al governo e rischia di bruciarsi. Il grande giorno è arrivato, questa sera, o meglio questa notte, il governo dovrebbe approvare l’attesa nota di aggiornamento del Def, l’alveo dentro il quale confinare la prossima manovra. Le Borse, inutile dirlo, sono nervose. Milano scivola dell’1,3%, mentre lo spread rialza la testa a 243 punti base. Il motivo è presto detto: non c’è ancora accordo sul paletto del deficit/pil.
Il ministro dell’Economia Giovanni Tria sta provando a resistere in tutti i modi al forcing del Movimento Cinque Stelle che vorrebbe, con un appoggio di massima della Lega, un deficit al 2,4%. Al premier Giuseppe Conte il difficile, difficilissimo compito di trovare l’ultima mediazione prima del vertice di maggioranza di questo pomeriggio, che precede il Consiglio dei ministri. Ma qual’è la posta in gioco, quella vera?
Marcello Messori, professore alla Luiss ed economista, teorico del deficit all’1,6%, i conti italiani li conosce bene. E sa benissimo che nell’esecutivo c’è qualcuno che non ha valutato con la dovuta lucidità la situazione. Male, molto male, perché se dal Def dovessero uscire valori e obiettivi al di sopra delle nostre possibilità, allora saranno guai e anche seri.
“2,4% è un numero come un altro. Solo che è un numero assolutamente incompatibile con l’Europa prima ancora che coi mercati. Io sono veramente sorpreso non del fatto che si punti a questo target, che nella logica del Movimento Cinque Stelle è persino plausibile. Ma del fatto che non si sia veramente compreso il rischio che corriamo. Un’economia che non cresce, come la nostra, già attira disordine finanziario e sfiducia. Se poi cominciamo a volare al di sopra delle nostre possibilità, come pare si voglia fare, porteremo un’economia flebile in una burrasca di instabilità totale”, chiarisce Messori.
“Sento un gran parlare del fatto che le misure del contratto faranno bene all’Italia, ai cittadini. Non posso essere in disaccordo col dire che si vuole combattere la povertà o abbassare le tasse, no davvero. Ma è proprio questo il punto, sono tutte belle intenzioni che però non porteranno a nulla. E il perché è evidente. Lo spread ci farà ripagare tutto quanto, i tassi saliranno e il denaro costerà di più. Gli investitori fuggiranno perché il nostro debito diverrà insostenibile e nessuno ce lo comprerà. E allora che cosa diranno al governo? Che volevano fare il bene del Paese? Ecco la vera incomprensione di fondo, non si è capito che cosa ci stiamo giocando”.
Messori è un fiume in piena. “Voglio dire un’altra cosa. I rialzo dello spread sarà solo la punta dell’iceberg. Poi ci sarà un avvitamento generale e saranno dolori. La prima a pagare dazio sarà proprio quell’economia reale che, ironia della sorte è proprio il bacino elettorale della Lega”, insiste Messori. “La verità, nient’altro che la verità è che c’è un enorme paradosso in tutta questa faccenda. Se mettiamo insieme tutte le misure del contratto, flat tax, reddito di cittadinanza su tutti, automaticamente arriviamo a un deficit del 2,4% su per giù. Ed è proprio quel numero ci condannerebbe. Questo vuol dire solo una cosa: che il pericolo vero era già nel contratto, a maggio. Possibile che lo stiamo capendo solo ora, a quattro ore dal Def?”.
E la Francia? Che fa deficit al 2,8%? “Vogliamo davvero comparare la nostra situazione con la loro? Assurdo. Parigi cresce più di noi e non ha il nostro debito, tanto per gradire. E poi hanno varato una manovra che parte dal taglio delle tasse. Comunque se proprio vogliamo dirla tutta, io penso che abbiano trasferito un credito d’imposta in un’altra posta di bilancio. Il che ha fatto aumentare il deficit”.
Sullo sfondo, tornando in Italia, rimane l’immane sfida di Tria, chiamato a convincere Di Maio e Salvini che la corda non si può tirare più di tanto, al punto di rischiare una crisi di governo col 5 Stelle. “Io sono ottimista di natura e stavolta voglio esserlo di più, ma non per questo sono scarsamente realista. Tria è bravo, riuscirà nel suo compito, ne sono certo. Guardi, si può fare di tutto, ma quando ci sono in mezzo i soldi della gente, la musica cambia. Garantito”.