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La fabbrica delle stelle. Starbucks e una Milano da sorseggiare

Willy Wonka abita in Piazza Cordusio. La Fabbrica del Caffè aperta da Starbucks a Milano – Reserve Roastery, ufficialmente – è l’interpretazione in miscela ambrosiana della Fabbrica di Cioccolato riproposta sugli schermi da Tim Burton.

Una fabbrica, non un bar. Dove il processo è il vero spettacolo, dove tecnologia e sostenibilità si coniugano. E non in una remota zona industriale, ma a due passi dal Duomo. È un bel messaggio per il Made in Italy, un perfetto esempio delle nuove forme di “urban manufacturing”, il trend industriale che spinge verso la riapertura di fabbriche etiche al centro delle città.

Una fabbrica a vista, installata su una milanesissima palladiana di marmo. Una Vespa firmata da Kyler Martz, una bici Bianchi color tabacco. Una celebrazione dello spirito di Milano. E tutto sommato, alla Reserve Roastery di Cordusio, non è male neanche il caffè. Forse perché – consentitemelo – è una delle tantissime cose poco americane e molto milanesi che vi si possono trovare.

Le macchine da espresso di Cimbali, i sistemi di torrefazione Scolari, le linee di packaging di Goglio, il pane e i prodotti da forno di Princi. Perfino i pannelli da aeroporto della Solari di Udine, per visualizzare gli ordini, come fossero aerei in partenza per tutte le destinazioni del mondo. C’è tutta la tradizione alimentare e la ricerca tecnologica italiana. Stelle vere, campioni mondiali tra sacchi di juta. Perché chi ha paura e si chiude nell’autarchia, finisce nell’oblio, rancoroso e perdente. Chi accetta la sfida del mondo, vince.

Molte voci del provincialismo sovranista, del nazionalismo autarchico, che vorrebbero far tornare l’Italia al surrogato di cicoria tostata, si sono scagliate contro il caffè nella tazza con la stella: dopo tutto è anch’esso nero, immigrato con le navi e spesso di origine arabica. Quello che troverete nel vecchio Palazzo delle Poste di Cordusio è invece la miglior risposta tecnologica e industriale all’emergente protezionismo oscurantista e xenofobo. Prima di essere un’operazione di intelligente marketing esperienziale, è radicale riprogettazione di prodotto e processo, in logica di sostenibilità e trasparenza. È l’integrazione di produzione e distribuzione. One shop, one factory.

Il “terzo luogo” diventa ibrido. Milano e ‪Starbucks riunificano e contaminano la cultura del caffè. Il sociologo Ray Oldenburg, dopo casa e lavoro, ha definito il bar come third place, punto di incontro e dialogo informale, fondamentale istituzione di libertà della cultura occidentale. La scelta di Howard Schultz coglie l’essenza di Milano, third place italiano per eccellenza: la Reserve Roastery di Cordusio, insieme fabbrica e bar, è sintesi di secondo e terzo luogo, ostentatamente piazzata nel primo: il cuore della città che sale, living room borghese e cosmopolita.

Già nel 2016, all’annuncio dell’apertura a Milano, le ragioni industriali e culturali della decisione di investimento di Schultz, condivisa dalle istituzioni locali, erano chiare: il caffè non è una tazzina, ma una sineddoche metropolitana, parte per il tutto della cultura urbana e aperta.È una Milano da sorseggiare, non una Milano da bere.

Non è dunque Starbucks a essere arrivata a Milano. È la percolazione dell’essenza di Milano a essere servita nelle grandi tazze stellate. Come il cielo di Kant, si badi, e non come le chiacchiere dei politici omonimi. Quelle sì, da Bar Sport di quart’ordine.

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