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Guerra navale. Come si intasa il Mar Cinese meridionale

Il governo americano ha autorizzato il passaggio del cacciatorpediniere “USS Decatur” entro le dodici miglia nautiche delle isole Spratly, arcipelago nel Mar Cinese meridionale tra quelli che la Cina si contende con Vietnam, Filippine, Cina, Malesia, Taiwan e Brunei. Gli Stati Uniti chiamano queste operazioni “Fonop”, acronimo militare di attività di libera navigazione che però ha un profondo valore politico, perché per Pechino le dodici miglia nautiche segnano la continuità territoriale di quelle strisce di terra di cui rivendica il controllo. Si tratta di lingue emerse in mezzo a rotte commerciali di altissimo valore (qualcosa come 5 trilioni di miliardi è valutato l’ammontare del traffico delle navi cargo che circolano su quelle traiettorie ogni anno) e ricche di materie prime: per questo la Cina le considera strategiche, e in alcuni casi ha militarizzato le terre per marcare una presenza dissuasiva – il dossier è uno dei più delicati tra quelli in cui il duello tra Cina e Stati Uniti si dipana, e per questo i cinesi non intendono mollare di un centimetro, seguendo anche un atteggiamento militaresco e minaccioso.

Washington non fa passi indietro, e dopo un inizio di amministrazione in cui la Casa Bianca di Donald Trump aveva rallentato sulle autorizzazioni ai Fonop, ha alzato l’intensità del confronto. “Tutte le operazioni sono disegnate nel rispetto della legge internazionale e dimostrano che gli Stati Uniti possono volare, navigare e operare ovunque le leggi internazionali lo permettano”, ha detto una fonte dal Pentagono alla Cnn. In effetti il quadro è ampio. Di seguito la breve ricostruzione di quel che è successo su questo fronte soltanto nell’ultima settimana, perché i fatti messi in fila diano il senso del corso che hanno preso le relazioni.

Prima l’amministrazione americana ha sanzionato il dipartimento per lo sviluppo e l’approvvigionamento dell’Esercito popolare cinese, e il suo direttore, perché finito in affari con la Russia, sottoposta a sua volta a sanzioni. A quel punto Pechino ha cancellato l’appuntamento americano dell’ammiraglio Shen Jinlong, capo della Marina cinese, che avrebbe dovuto partecipare all’International Seapower Symposium al Naval War College di Newport, Rhode Island: là avrebbe dovuto incontrarsi con il parigrado statunitense John Richardson, capo delle operazioni della US Navy. Pechino ha fatto saltare l’incontro appena 48 ore prima, contravvenendo al classico rigore protocollare (oggi il ministero della Difesa cinese ha spiegato di aver deciso unilateralmente di interrompere i colloqui di alto livello con gli omologhi americani, dopo aver convocato ieri i funzionari diplomatici statunitensi, incluso l’ambasciatore Terry Branstad e l’attachè militare, David Menser, per esprimere una vigorosa protesta formale).

Poi la Cina ha negato alla “USS Wasp”, un’unità anfibia dei Marines americani, il permesso di attraccare per uno scalo a cui sarebbe seguita una visita di cortesia a Hong Kong. Intanto, Pechino aveva apertamente chiesto al Regno Unito di non immischiarsi negli affari del Mar Cinese, e lo ha fatto perché Londra aveva mandato qualche tempo prima una nave a compiere una Fonop secondo la linea americana: quelle acque sono internazionali, possiamo navigarci rispettando codici del diritto e di sicurezza. Gli inglesi si allineavano oltretutto con il Giappone, che appoggia il modo di vedere le cose degli Stati Uniti.

Qualche giorno dopo, gli americani hanno annunciato l’autorizzazione preliminare alla vendita di altri rifornimenti militari a Taiwan: una mossa che la Cina considera quasi un atto di guerra, visto che vede Taipei come una provincia ribelle da riunificare. Nello stesso giorno, a Chicago, l’Fbi ha arrestato e incarcerato per evitare oscuramento delle prove, un cinese accusato di compiere attività di spionaggio negli Stati Uniti.

Venerdì il dipartimento di Stato americano ha reso noto che un B-52 – un bombardiere strategico a potenziale nucleare – ha sorvolato le acque del Mar Cinese Orientale, che è la porzione del bacino oggetto della disputa tra Tokyo e Pechino per la sovranità su altri isolotti, le Senkaku, che i cinesi chiamano Diaoyu. Replica dalla difesa: non accettiamo certe “provocazioni”, avvisiamo tutti che intendiamo “adottare tutte le misure del caso”. Sabato la Cina su quella stessa zona ha lanciato un’esercitazione aerea militare non programmata.

 

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