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Libia, caos e tensioni non fermano il greggio

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La barra dritta, su una delle maggiori costanti in Libia: il greggio. Nonostante la ripresa delle tensioni con gli attacchi fatti registrare un mese fa a Tripoli, e nonostante i mille dubbi sulla tenuta e sulla possibilità che si celebrino davvero le elezioni nel paese, c’è un dato che conferma ancora una volta quanto sia strategica la Libia per le sorti non solo euromediterrenee ma mondiali: la produzione di petrolio, che fa registrare il suo record dal 2013 ad oggi.

In prospettiva non solo un ulteriore miglioramento, ma la capacità dei vertici di Noc di dialogare in maniera più fruttuosa con colossi come Repsol e Total.

GREGGIO

La produzione ha raggiunto il suo massimo da cinque anni a questa parte. In prospettiva vi sono ambizioni di incrementarla a oltre 2 milioni di barili al giorno entro il 2022. I numeri arrivano dopo il vertice operativo all’Opec a cui ha preso parte il capo della Noc, Mustafa Sanallah che è impegnato in bilaterali con i maggiori players a cui ha garantito che il Paese è pronto ad accogliere nuovi soggetti internazionali in Libia e quindi riavviare i tavoli di lavoro con quelle realtà che sono state costrette ad andar via in occasione del conflitto.

E ha messo l’accento su due elementi che potrebbero giocare a favore della Libia: la strategica vicinanza all’Europa e i bassissimi costi di produzione. La produzione di greggio libico si è attestata a 940.000 barili al giorno in agosto, con una media annuale di 900.000 barili al giorno.

Certo, esiste una fetta di produzione che resta a rischio da qui alla fine del 2018 per via delle interruzioni periodiche causate dal cosiddetto rimescolamento delle alleanze intorno a Tripoli e che hanno portato tensioni e scontri: solo negli ultimi tre giorni 1.700 famiglie sono state sfollate a causa di nuovi combattimenti. Mentre in totale sono 5.000 le famiglie che dal 26 agosto hanno cercato rifugio lontano da Tripoli.

PLAYERS

La spagnola Repsol è un partner chiave con 340.000 barili al giorno nel più grande giacimento di petrolio della Libia. Inoltre i francesi di Total annunciano un aumento della presenza in loco grazie ad una partecipazione del 16,33% nelle concessioni Waha della Marathon Petroleum per 450 milioni di dollari, una cifra che però sarà soggetta all’evoluzione dei movimenti a Tripoli, visto e considerato che proprio la sede del Noc è stata attaccata giorni fa, provocando la morte di due dipendenti.

Dopo una serie di incontri pare che la valutazione commerciale dell’accordo sia stata completata e il Consiglio della Presidenza dovrebbe ricevere una comunicazione entro un mese al massimo. Si tratta di una transazione che potrebbe portare riserve e risorse superiori a 500 milioni di barili di petrolio.

La sola produzione delle concessioni di Waha è di 300.000 barili al giorno, che dovrebbe salire a 400.000 entro il 2020. Ma Noc non si ferma e lavora anche in chiave Usa: entro la fine dell’anno infatti verrà aperta una filiane a Houston con l’obiettivo di ampliare le possibilità per nuovi soggetti interessati al mercato libico.

VOGLIA DI URNE

Un passaggio che comunque si deve legare alla possibile finestra elettorale, che sei mesi fa era stata individuata in dicembre, e che vede lavorare il capo del Consiglio presidenziale (Pc) Fayez al-Sarraj. In occasione di un vertice tematico a margine dell’Assemblea Generale dell’Onu ha osservato che il Consiglio non sarà “ostaggio” della Camera dei rappresentanti (Hor) e cercherà alternative per tenere elezioni e consentire ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti e governi e termina questa fase, con tutte le sue istituzioni politiche e legislative.

A New York il “dossier Libia” è stato scandagliato analiticamente alla ricerca di una soluzione che conduca alla stabilizzazione della regione, sia in un vertice a cui hanno preso parte i ministri degli Esteri europei e lady Pesc Federica Mogherini, sia nell’one to one Trump-Al Sisi incehttato sugli aspetti legati alla lotta all’Isis.

Al-Sarraj ha espresso il suo profondo rammarico per la posizione dell’HoR, che non ha adempiuto alla promessa di adottare la regola costituzionale richiesta per le elezioni, oltre che ai propri doveri in materia di riforme, affermando che “la HoR si sta estraniando da ciò sta accadendo nel paese “.

Per cui ha confermato di lavorare per l’opzione elettorale annunciata più di un anno fa, che comprende il raccordo con l’iniziativa dell’inviato delle Nazioni Unite sullo svolgimento di elezioni parlamentari e presidenziali contemporanee. Con il doppio obiettivo di creare una solida base costituzionale e porre fine a questa fase di transizione.

È la ragione per cui ha garantito al Palazzo di Vetro che fornirà tutti i requisiti della Commissione elettorale per andare ad elezioni sotto la supervisione delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali.

SI VOLA?

Intanto riapre l’aeroporto di Mitiga, chiuso per gli scontri fra le milizie alla fine di agosto. L’annuncio arriva dalla pagina Facebook dello scalo (“È previsto che le compagnie aeree riprendano i loro voli a partire dall’inizio della settimana prossima”). È uno dei frutti del cessate il fuoco dopo 30 giorni di scontri nella parte a sud di Tripoli che avevano provocato 115 morti e 560 feriti. Si tratta dell’unico scalo operativo nella capitale libica proprio perché vi dista solo 25 km. Era chiuso da quattro anni, in occasione dei combattimenti dell’estate del 2014.

Più a est, a Misurata, l’aeroporto potrebbe essere ampliato molto presto: il sottosegretario del ministero dei Trasporti Hisham Abushkiwat ha annunciato lo stanziamento di cinque milioni di dinari per il progetto di espansione e sviluppo della sala partenze. La richiesta sarà ora valutata dal Consiglio presidenziale.

twitter@FDepalo

 

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