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In Libia la tregua mette d’accordo tutti. Per ora

Libia haftar

In Libia è scattata l’ennesima tregua. Mentre il sangue delle 61 vittime accertate ribolle sulle strade di Tripoli, le carceri, a ferro e fuoco, liberano criminali e terroristi e la comunità internazionale trema, le milizie hanno raggiunto un accordo per un cessate il fuoco. Una notizia riportata dai siti informativi libici Al-Ahrar e Al Wasat, che hanno riferito dell’incontro organizzato dalle Nazioni Unite con le parti in conflitto. Una pausa sì, un momento per riprendere il respiro e capire come agire, quale posizione assumere in un contesto così delicato, fragile, deragliato. Ma una pausa che secondo le parole riportate a Repubblica dal colonnello Naser Ali Aoun, del comando della Settima Brigata, “non reggerà e lo vedrete nei prossimi giorni: è un accordo nato debole”.

Intanto l’Italia, la Francia, la Gran Bretagna e gli Usa fanno scudo e con un appello, ormai accorato, chiedono “a tutte le parti in causa” il rispetto del cessate il fuoco, auspicando una riconciliazione e una ripresa di un processo politico di pace a guida libica. “I governi di Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti salutano il risultato della mediazione raggiunto oggi dalla missione di supporto dell’Onu mirata a una de-escalation delle violenze a Tripoli e nei dintorni, e ad assicurare la protezione dei civili”, recita il comunicato congiunto, il secondo in pochi giorni.

A Roma ieri sera, nel momento di massima tensione sul fronte tripolino, si sono riuniti a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, quello degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e quello dell’Interno Matteo Salvini. Un incontro previsto da tempo, ma che ha dato modo di fare un punto sulla situazione, in vista anche dell’audizione di domani alla Camera proprio sulla Libia di Moavero e Trenta. Il comunicato uscito dalla riunione è quello sul rilancio del confronto con Bruxelles attraverso la suddivisione dei migranti in arrivo. Viene fatta menzione dell’impegno, seppure informale, preso durante l’ultimo vertice europeo del 31 agosto, per “trovare una soluzione comune per distribuire le persone salvate in mare tra i vari Stati membri”.

Il ministro degli Esteri italiano, inoltre, nel corso dell’incontro con gli altri ministri, ha voluto sottolineare “l’importanza del Joint Statement concordato tra Italia, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, del quale l’Italia si è fatta promotrice nel quadro delle iniziative del governo, a fronte della difficile situazione in Libia”.

Anche il ministro Trenta, intervenendo su Facebook, ha voluto precisare il contributo italiano nella situazione di crisi nella regione libica: “Dopo giorni di combattimenti a Tripoli, in #Libia, ieri è stato concluso, con successo, un intervento chirurgico presso il nostro ospedale da campo a Misurata. Un ferito aveva bisogno di cure e il personale italiano specializzato, civile e militare, gli ha prestato soccorso. A lui, come ad altrettanti cittadini libici feriti in questi giorni. È un lavoro che i nostri uomini e le nostre donne portano avanti da tempo in Libia, e che in queste ore – come potete immaginare – si sta intensificando. Un lavoro che deve renderci orgogliosi come Paese, che testimonia il grande impegno dell’Italia nella stabilizzazione dell’aerea. Perché la sicurezza della Libia, oggi, equivale a mettere in sicurezza anche il nostro territorio!”.

Non mancando di rimarcare l’invito al rispetto della tregua: “Ribadisco, a nome del governo, l’invito dell’Italia a una cessate il fuoco e il pieno sostegno all’avvio di un processo di pace che deve essere, innanzitutto, intralibico. Solo i libici possono decidere il loro futuro e l’Italia resta al fianco di chi sceglie la pace, la democrazia e la stabilità. Tre strade che porteranno maggiore sicurezza anche nel Mediterraneo, la fine del traffico di esseri umani e un conseguente stop dei flussi incontrollati di migranti verso le nostre coste!”.

Ridurre le partenze e gli arrivi sulle nostre coste, dunque, ma c’è un altro punto principale, però, che resta da scardinare in questa ormai eopoea del conflitto libico. E cioè l’aperto conflitto delle parti tra Roma e Parigi. Macron, che apertamente appoggia il generale Haftar e Roma a fianco dell’Onu, dalla parte del governo internazionalmente riconosciuto di Al Serraj. Un testa a testa che va ormai avanti da tempo e che con il tracollo della situazione dell’ultimo periodo ha visto amplificati i toni da ambo le parti.

Il colonnello delle Settima Brigata, intervistato da Repubblica, afferma in risposta all’opinione di Matteo Salvini che dichiara che dietro l’offensiva delle milizie si nasconda Parigi: “ È contro la nostra operazione. Ma la Francia ha una strategia di lungo termine e da molto tempo cerca di creare problemi al governo Serraj. Gli interessi della Francia sono molto diversi dai nostri, sono esclusivamente economici. Per questo vogliono allargarsi anche a Sud dal Niger”. Inoltre aggiunge, pur sottolineando come la sua milizia non sia contro l’Italia ma, anzi, “tutt’altro”. “Mentre la Francia è attivissima, l’Italia è assente. Per tradizione, vicinanza e amicizia avrebbe un ruolo importante con il nostro Paese e invece è immobile. Dovrebbe cambiare l’approccio del suo dialogo con la Libia proponendo programmi sociali, sanitari, interessandosi ai problemi che affliggono migliaia di cittadini libici”.

D’altra parte, dalla Francia arriva la risposta alle critiche del governo italiano: “Gli sforzi della Francia non sono diretti contro nessuno, certamente non contro contro l’Italia, di cui sosteniamo l’iniziativa di organizzare una nuova conferenza su questo dossier importante per i due Paesi”, ha affermato il ministro degli Esteri francesi Yves Le Drian.

E ancora, la condanna francese agli scontri in corso: “Ricordando la dichiarazione congiunta dei governi di Francia, Italia, Gran Bretagna e Usa del primo settembre scorso, la Francia condanna il proseguimento degli scontri a Tripoli e deplora le numerose vittime delle violenze”, ha sottolineato sempre Le Drian, appoggiando “gli sforzi del rappresentante speciale delle Nazioni Unite Ghassan Salamè per trovare le vie di un ritorno alla calma. Invitiamo le parti in causa di trovare una soluzione pacifica alla situazione attuale per scongiurare nuove perdite umane”. I toni si smorzano, la polemica si attutisce? Il tempo e le azioni dei prossimi giorni ci restituiranno una visione più chiara.

Infatti, sull’accordo per il cessate il fuoco il colonnello della milizia a capo degli scontri, parlando con Repubblica, osserva che “le Nazioni Unite hanno voluto organizzare tutto in fretta mentre la situazione a Tripoli non permette una mediazione solida senza una discussione approfondita sui problemi”, e spiega che la Settima Brigata ha deciso di attaccare “per pulire Tripoli della corruzione. Siamo militari, alcuni rimasti sempre in servizio, altri richiamati dal congedo. Il nostro obiettivo è mettere fine alla corruzione del cartello di milizie che sostengono il governo di Fayez Al Sarraj, milizie che si sono arricchite e hanno conquistato un potere incontrollato. I cittadini libici vivono una situazione allo stremo, manca persino la liquidità: non ci sono le banconote per fare la spesa perché nessuno le stampa. Non ce la facciamo più a vivere in questo caos”.

No ad Al Serraj, ma nemmeno un sì convinto per il generale Haftar, quindi, dietro la rivolta delle milizie e il caos dilagante in Libia. E mentre arrivano notizie rassicuranti da Reuters sul prosieguo delle attività di Eni nella regione. “Al momento l’attività si svolge regolarmente e non c’è personale espatriato a Tripoli”, ha riferito il portavoce della compagnia italiana, resterebbe comunque fondamentale, come afferma Massimo Nava in un articolo uscito questa mattina sul Corriere della Sera, mettere da parte in maniera concreta gli scontri diplomatici con la Francia e cominciare a lavorare in sincronia per una tregua che sia duratura.

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