La polizia norvegese ha arrestato un russo all’aeroporto Gardermoen di Oslo con l’accusa di condurre “attività di intelligence illegali nel Paese”, ossia era una spia inviata da Mosca. Fermato venerdì 21 settembre, è stato interrogato il 22 e da lì il giudice ha deciso per direttissima che sarà incarcerato per due settimane in modo da evitare che distrugga le prove su quel che stava lavorando.
Il russo era in Norvegia perché la scorsa settimana aveva partecipato a un seminario sulla digitalizzazione tenuto in Parlamento: il controspionaggio pensa che abbia sfruttato la copertura delle ore di seminario per condurre attività di intelligence. Non è la prima volta che la polizia norvegese si trova davanti casi del genere: a maggio, per esempio, è uscito sui media che un uomo connesso all’Fsb, il servizio segreto federale russo, aveva tenuto incontri con autorità nazionali e regionali in Norvegia; aveva fatto parte addirittura di una delegazione presentatasi a pranzo con l’allora ministro degli Esteri. Era tenuto sotto controllo, lasciato libero perché non sapeva di essere sotto la lente del controspionaggio, e dunque utilizzato come punto di osservazione sulle attività russe.
Non siamo al livello ambiguo e profondo descritto dalla serie Tv “Occupied” – thriller-politico in cui la Norvegia, arrivata all’indipendenza energetica tramite le centrali al torio, viene occupata dai russi su autorizzazione dell’Europa per continuare a sfruttarne il petrolio, e Mosca la trasforma in un protettorato – ma il livello di penetrazione e interferenza russa nei Paesi scandinavi è sempre stato alto, e continua a esserlo (e viceversa).
Sempre a maggio era uscita la storia di Frode Berg, agente di frontiera norvegese, arrestato in Russia perché ritenuto al centro di una storia di spionaggio, con interessamento sui sottomarini nucleari russi che gironzolano tra Mare del Nord, Mar di Norvegia e Artico. Berg faceva da corriere: durante i suoi viaggi in Russia portava valige piene di soldi (l’hanno fermato con tremila euro); lavorava per l’intelligence militare norvegese, ha confessato, ma faceva solo il lavoro del corriere; ha detto di non sapere a chi finivano i pagamenti. La vicenda è intricata, anche perché il norvegese rischia 20 anni di galera con accuse pesantissime: per Oslo riaverlo in patria sembra quasi impossibile, anche perché finora non c’erano operativi russi detenuti in Norvegia da scambiare – e forse l’arresto a Gardermoen potrebbe essere utile anche per questo.
La Norvegia è una nazione pacifica, ma Oslo serve come occhi e orecchie dell’Occidente sul confine settentrionale della Russia, conduce sorveglianza fisica ed elettronica per la Nato e gli Stati Uniti, e mentre le relazioni tra Russia e Occidente sono diventate sempre più diffidenti nei confronti del Cremlino, il governo norvegese ha cercato (con continuità) di impedire che i suoi rapporti con Mosca rovinassero i legami tra i popoli, sviluppati su entrambi i lati del confine dalla caduta dell’Unione Sovietica – lì ditte russe hanno sedi a Kirkenes, si organizzano festival transfrontalieri (Berg era un organizzatore di uno di questi), per i locali c’è un accordo di viaggi senza visto siglato nel 2012, che i russi sfruttano anche per rifornirsi di salmone norvegese, formaggio francese e prodotti caseari finlandesi; generi alimentari finiti sotto sanzioni post-annessione crimeana.
Canali cooperativi di basso livello in cui le persone sembrano acquisire maggiore conoscenza l’una dell’altra, importanti per la stabilità, che però ogni tanto incappano in qualche incidente. Nel 2015 Oslo se la prese perché la Russia lanciò una manovra militare a sorpresa, senza avvertimento, sul confine, come risposta muscolare a un’altra esercitazione europea pianificata in Norvegia. A dicembre del 2017 il governo norvegese ha espresso preoccupazione per l’attenzione che i sommergibili russi riservano ai cavi sottomarini che portano le telecomunicazioni in Norvegia. A marzo di quest’anno i russi hanno fatto peggio: in un’altra esercitazione hanno simulato un bombardamento aereo contro una postazione radar norvegese. Sempre a marzo, i vertici dell’intelligence norvegese hanno dichiarato che le attività di spionaggio russe sono aumentate nel Paese, contemporaneamente all’aumento di centralità della geopolitica dell’Artico nell’agenda di Mosca.
Secondo quanto detto qualche mese dal ministro della Difesa norvegese, Frank Bakke Jensen, all’Atlantic, l’assertività della Russia non è semplicemente diretta verso Oslo, ma contro la Nato nel suo insieme, facendo della Norvegia un obiettivo prioritario come membro più settentrionale del blocco (e i 300 Marines che gli Stati Uniti hanno spostato nel paese scandinavo hanno innervosito Mosca). La Russia non sarà una minaccia militare, come dichiarato da Jensen, ma intanto Oslo ha aumentato le spese per la Difesa dopo anni di tagli, perché la Russia è sempre più nell’Artico.
Durante il fine settimana c’è stata una maxi operazione di polizia e militari anche in Finlandia, nella zona di Turku, che ha portato alla chiusura dello spazio aereo sopra alle isole dell’arcipelago finlandese. Un blitz della polizia ha interessato la sede operativa della Airiston Helm, una società fantasma controllata dalla Russia da Pavel Melnikov, businessman con precedenti loschi. La ditta si occupa di acquistare surplus di navi della marina finlandese e proprietà immobiliari, e ha ottenuto negli anni permessi straordinari dalle amministrazioni locali.
La Airiston ha piazzato tutti i suoi interessi lungo le rotte che da San Pietroburgo passano per il Baltico, e forse non è casuale dicono gli inquirenti finlandesi (dietro si parla di interessi militari e di intelligence). Quando Yle, media collegato alla Bbc, ha provato a filmare a inizio anno alcune delle proprietà della società, i suoi droni sono improvvisamente caduti al suolo e quando sono stati recuperati erano senza telecamera.
Le autorità finlandesi contestano alla ditta anche il reato di riciclaggio: contrastare il lavaggio di denaro russo, immesso nel sistema europeo tramite stati periferici, è un argomento in discussione a Bruxelles.