Skip to main content

Puzzle Libia, all’Onu si cerca una soluzione condivisa. Ma gli scontri continuano

libia tripoli russia

La Libia e le influenze esterne, un puzzle confusionario che, attraverso le riunioni Onu di questi giorni, non fa altro che alimentare l’instabilità interna del Paese. Tra le parole di ieri sera del ministero degli Esteri italiano Enzo Moavero Milanesi e quello francese Yves Le Drian sulla necessità di una de-escalation delle violenze nella regione, e le parole dell’Alto rappresentante degli Affari Esteri europei Federica Mogherini, appare chiaro l’obiettivo unitario europeo per giungere ad una soluzione.

“Non è tanto una questione di date, prima sarà meglio sarà, ma è una questione di arrivare alle elezioni in Libia con le condizioni perché il voto possa servire al Paese per uscire dalla situazione in cui è. La posizione dell’Ue è chiara e unita, le elezioni sono un momento fondamentale”, ha precisato Mogherini. Ma, nonostante l’intenzione, la realtà dei fatti, almeno ad un primo sguardo, appare diversa. Una fonte vicina al generale Khalifa Haftar ha sostenuto con il sito arabo Arab 21 l’apparente assenza dell’Italia dalle ultime fasi decisionali sulla situazione libica. La fonte ha dunque voluto evidenziare una supremazia francese sul dossier Libia, tale da essere riuscita a scalzare il ruolo di partner privilegiato dell’Italia.

Intanto, comunque, Mogherini tiene dritta la barra europea sulla delicata situazione. E durante il suo intervento a New York ha sottolineato di “aver discusso con l’inviato speciale dell’Onu in Libia Ghassan Salamè quale supporto può fornire l’Ue sulla situazione della sicurezza, ma anche sul processo politico e l’economia”. E ancora: “I libici stessi hanno indicato la loro volontà di andare al voto – ha continuato – ma le elezioni andranno preparate adeguatamente, il che vorrà dire un quadro costituzionale legale e chiaro perché i cittadini sappiano per cosa votano”.

Dunque un quadro di sicurezza e stabilità che sembra, oggi come oggi, lontano più che mai. Il premier internazionalmente riconosciuto Fayez al Serraj, intervenuto in collegamento da Tripoli, ha fatto appello alla comunità internazionale di unire gli sforzi per risolvere la crisi che sta interessando in questi giorni la capitale e che l’ha costretto a rinunciare alla sua presenza fisica al Palazzo di Vetro, delegando il suo ministro degli Esteri Mohammed al Siyala.

Ieri, inoltre, è toccato anche a Donald Trump discutere di Libia, questa volta con il presidente egiziano Al Sisi. Quest’ultimo ha anche sottolineato la necessità di conservare la cooperazione dei due Paesi nel contrasto ai gruppi terroristici, in particolare tagliandone i finanziamenti e limitandone la capacità di approvvigionamento di armi. Nella regione libica, infatti, già da diverso tempo è riemerso lo spettro dell’Isis, anche a causa della grave instabilità che imperversa lasciano vuoti i gangli vitali del potere.

E se il dialogo continua a livello internazionale, nelle stanze delle Nazioni Unite si discute animatamente per cercare una soluzione o quantomeno per evitare che le divisioni e gli scontri interni per la leadership sul dossier prendano il sopravvento sulla sicurezza dei civili e delle attività produttive del Paese nordafricano, gli scontri, riaccesi negli ultimi giorni, continuano a crescere di intensità. Per ultimo, ma solo in ordine di tempo, un razzo è caduto su una pompa di benzina a sud di Tripoli, nel quartiere di al Hadhba, vicino alla compagnia petrolifera di al Sharara. Fortunatamente questa volta senza causare vittime, ma non per questo senza provocare paura e innalzare di un tassello in più la densa tensione che si respira nella regione.


×

Iscriviti alla newsletter