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Vi spiego perché il reddito di cittadinanza si può (e deve) fare. Parla Pasquale Tridico

Chissà se ha davvero ragione il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, quando avverte che o si fa il reddito di cittadinanza o si va tutti a casa. Perché tanto il Movimento Cinque Stelle “non è a Palazzo Chigi per scaldare la sedia”.

O l’Ocse, quando nel suo ultimo outlook invita l’Italia ormai alla vigilia della manovra a spendere i pochi denari a disposizione (Giovanni Tria, ministro dell’Economia, difficilmente accetterà di andare oltre l’1,6% del pil), in scuola e infrastrutture anzichè disperdere risorse in assalti alla Legge Fornero o i misure a sostegno delle fasce deboli. Come il cavallo di battaglia del Movimento, quel reddito di cittadinanza che può costare da un minimo di dieci miliardi a un massimo di diciassette.

A questo punto viene da chiedersi se la parola del premier Giuseppe Conte, che pochi giorni fa ha assicurato la presenza del reddito di cittadinanza in manovra, basti a mettere in cassaforte la misura cara ai Cinque Stelle. Per Pasquale Tridico, docente a Roma Tre indicato in campagna elettorale da Di Maio quale ministro del Lavoro ed ora suo prezioso consigliere, il reddito di cittadinanza è molto più di una gran bella idea.

“Doveroso farlo, doveroso inserirlo in manovra. E tanto per essere chiari i soldi si trovano. Il Movimento Cinque Stelle chiede dieci miliardi? Beh, è il minimo. Le risorse si fanno saltare fuori, ci sono delle maglie da allargare, sulle banche, sulle assicurazioni e sulle accise sui carburanti. Il costo della misura è sempre stato quello, 10-17 miliardi, nessuno si sta inventando nulla di nuovo”, spiega a Formiche.net, raggiunto in una pausa della sua attività di docente.

Ma come la mettiamo con la visione un po’ diversa di chi, come Tria, è chiamato a far quadrare i conti? “Forse varrebbe la pena ricordarsi che la Francia fa deficit da anni e nessuno dice nulla, perché? Sapete qual è la verità? Che noi oggi siamo abituati a credere che l’Europa sia solo numeri, deficit, debito. Ma invece se andiamo a guardare cosa dice l’Ue ne suo social paper, c’è scritto che ogni Stato deve mettere in atto politiche sociali per chi è in difficoltà”.

Per questo “continuo a ripetere che il reddito si deve fare, come ho detto il modo per trovare i soldi c’è, basta cercarli. Stiamo parlando di una misura che non è un incentivo a starsene a casa, ma che è ben pensata, ben strutturata. Per esempio, ne dico una, viene previsto l’obbligo per chi lo percepisce di frequentare i centri per l’impiego per cercarsi un lavoro”.

Pensare che proprio per aiutare il governo italiano a reperire i fondi per il reddito di cittadinanza, a Bruxelles gli europarlamentari pentastellati avrebbero messo a punto una spending review europea da 830 milioni per l’Europa, da inserire nel bilancio 2019 sotto forma di emendamenti, che consenta di rimpinguare il Fondo sociale europeo e recuperare risorse anche per il reddito di cittadinanza italiano.

La sforbiciata più pesante riguarderebbe proprio l’Europarlamento: la convinzione di M5S a Bruxelles è che si potrebbero risparmiare 333 milioni usando l’accetta sulle allowances degli eurodeputati (stipendi, spese di viaggio, indennità transitorie e così via), ricalcolando le pensioni pre e post Statuto, annullando i fondi per partiti e fondazioni (vecchio pallino) e riducendo le spese delle missioni per spingere alla sede unica rispetto alle tre attuali (Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo), che da sempre i pentastellati chiedono di unificare.

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