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La Danimarca sventa una missione killer iraniana e chiede nuove sanzioni

danimarca

Il governo danese ha apertamente accusato l’Iran di aver organizzato un piano con cui servizi segreti avrebbero dovuto eliminare in Danimarca il leader in esilio dell’Asmla, il Movimento per la liberazione di Ahvaz, gruppo separatista che vuole trasformare la provincia occidentale iraniana del Khuzestan in uno stato arabo – il gruppo è considerato da Teheran un’entità terroristica.

Copenaghen ha ritirato l’ambasciatore in Iran e ha convocato il capo delle delegazione diplomatica iraniana per chiarimenti: nel frattempo, e questa è l’aspetto più rilevante, ha annunciato di lavorare tra gli altri stati membri dell’Unione Europea affinché Bruxelles decida di punire l’Iran con nuove sanzioni economiche.

L’operazione di controspionaggio, annunciata pubblicamente dal capo dell’intelligence danese, Finn Borch Andersen, ha prodotto la reazione immediata del segretario di Stato americano, Mike Pompeo, che si è congratulato per l’ottimo lavoro fatto e ha utilizzato la vicenda per marcare quanto Teheran sia uno stato canaglia che diffonde in giro per il mondo le sue azioni velenose.

Pompeo, e l’amministrazione Trump, hanno una linea molto dura con l’Iran, considerato un nemico: la Casa Bianca di Donald Trump ha tirato indietro gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare chiuso dal suo predecessore nel 2015, annunciando per l’inizio di novembre il reinserimento di un pacchetto di sanzioni, tra cui alcune che potrebbero anche colpire in forma secondaria (nel loro business negli Stati Uniti) aziende di altri paesi che fanno affari in Iran. Il segretario americano ha colto l’occasione per chiedere, come Washington sta facendo da un po’, sostegno agli alleati nel contenimento della minaccia iraniana “alla pace e alla sicurezza”.

La faccenda è particolarmente delicata per il contesto: l’Europa, insieme a Cina e Russia (cofirmatarie dell’accordo sul nucleare con l’Iran), sta cercando di trovare una via d’uscita dal ritiro americano. Sostanzialmente si tratta di cercare la soluzione per evitare il piano sanzionatorio americano, ma certe vicende potrebbero complicare il lavoro europeo dal punto di vista della sostenibilità politica del regime iraniano.

Secondo Teheran si tratta di accuse messe in giro “dai nemici”; “la continuazione di un complotto per danneggiare le nostre relazioni con l’Europa” e screditare l’immagine dell’Iran, in “un momento critico”. Ma le autorità danesi dicono di aver le prove del piano assassino. Per ora c’è una sola persona arrestata: è un cittadino norvegese di origine iraniana fermato in Svezia ed estradato in Danimarca, dove i servizi di controspionaggio locale lo avevano individuato mentre stava fotografando la casa dell’attivista dell’Amsla.

Andersen ha raccontato che il 28 settembre la polizia e l’esercito sono stati protagonisti di una grossa operazione che ha isolato il ponte Øresund di Copenaghen per alcune ore  – quello che collega Svezia e Danimarca – avviata quando le autorità danesi avevano notato un’auto sospetta, una Volvo nera noleggiata in Svezia, davanti alla casa dell’attivista.

Tutto succedeva meno di una settimana dopo che l’Iran aveva accusato Danimarca, Paesi Bassi e Regno Unito di offrire protezione ai dissidenti iraniani – chiedendone l’estradizione – accusati di star dietro a un attentato che ad Ahvaz aveva ucciso 24 persone. L’azione era stata rivendicata inizialmente dal gruppo separatista arabo, ma anche dallo Stato islamico (che forse, come in altre situazioni, aveva sfruttato un contesto caotico per inserirsi e diffondere le proprie istanze); poi l’Amsla aveva ritrattato la sua rivendicazione ed escluso responsabilità sull’accaduto.

All’inizio di ottobre, anche le autorità francesi hanno denunciato un’azione iraniana sul proprio territorio: a giugno era stato scoperto che un attentato esplosivo avrebbe dovuto colpire un evento organizzato a Villepinte, vicino Parigi, dal Mujahedeen-e-Khalq, il Mek, gruppo dell’opposizione iraniana. Il Mek era considerato un’entità terroristica da Stati Uniti e Europa, ma Washington ha un po’ mollato la presa anche per l’obiettivo di rovesciare l’attuale regime di Teheran perpetrato dall’organizzazione: in Francia c’era ospite l’ex sindaco di New York e attuale avvocato di Trump, Rudy Giuliani. Secondo le indagini francesi dietro alla missione clandestina c’era il ministero dell’Intelligence di Teheran: sei persone, tra cui un diplomatico iraniano erano state arrestate.

A maggio il segretario Pompeo (una delle voci più critiche sull’Iran dell’amministrazione Trump) aveva messo in guardia sui piani delle Guardie rivoluzionare – l’unità militare teocratica iraniana – di condurre killing mission in Europa. A novembre dello scorso anno, Ahmad Mola Nissi, ex leader dell’Amsla, è stato ucciso all’Aia: da quel momento non c’erano state altre informazioni su certe operazioni, e la denuncia di Pompeo sembrava strumentale e politica, dato che arrivava nella fase in cui Trump stava ritirando gli Usa dall’accordo nucleare con l’Iran. Ma evidentemente le intelligence americane erano già in vantaggio su certi piani: a giugno in Francia, a settembre in Danimarca.

 



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