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L’Italia è il Titanic ma stavolta l’iceberg si può evitare. Parola di Confindustria

L’Italia non arretra. L’Europa non arretra. Ma qualcuno il conto del braccio di ferro sulla manovra dovrà pur pagarlo. Perché c’è sempre qualcuno che paga. Così, dopo il parere negativo della Commissione europea del 23 ottobre, se la manovra non cambierà, la domanda è: e adesso? In Confindustria hanno provato a porsi il problema, se non altro per provare a mettere in guardia le imprese da improvvise impennate dello spread visto che il settore più colpito sarebbe certamente quello bancario, legato a doppio filo al mondo delle Pmi.

Un report diffuso ieri sera traccia in modo chiaro la situazione. Se per esempio, a tre settimane da oggi, il governo non arretrasse di un millimetro, come fatto capire ieri a Porta a Porta dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, entro al massimo fine maggio ci potrebbe essere richiesto di effettuare un deposito fruttifero di 0,2 punti di Pil (circa 3,5 miliardi di euro). In pratica, l’Italia si ritroverebbe obbligata a versare nelle casse dell’Ue poco meno della metà del’importo stanziato in manovra per il reddito di cittadinanza. “Sempre che la commissione non decida di aprire subito la procedura per disavanzi eccessivi (che in caso estremo può portare a una sanzione fino a 0,5 punti di Pil)”.

La preoccupazione c’è tutta, inutile nascondersi dietro a un dito. “Mantenere invariati gli obiettivi prefissati può portare a uno scontro con la commissione europea e con gli altri paesi membri, da cui l’Italia ha più da perdere: i mercati finanziari potrebbero richiedere un rendimento più alto per prestare i loro soldi; le sanzioni previste per il mancato rispetto del Patto di stabilità e crescita, sino a oggi mai applicate, sono molto onerose”.

Pensare che la via d’uscita ci sarebbe, un modo per uscirne per così dire puliti, esiste. Lo dice la stessa Confindustria. “I paesi dell’Eurozona, negli ultimi anni, hanno risolto tale problema sfruttando, a volte forzando, gli spazi di flessibilità e di discrezionalità lasciati dalle regole stesse. Così hanno intenzione di procedere molti Paesi anche nel 2019: non rispetteranno le regole del Patto in modo puntuale, ma limitando le deviazioni, riusciranno a conciliare l’appropriatezza della politica di bilancio con le regole del Patto di stabilità e crescita. L’Italia, negli anni scorsi, ha deviato dagli obiettivi prefissati ma non in maniera significativa, rispettando così le regole europee”.

Mediare dunque per evitare uno scontro che se da un punto di vista politico rafforzerebbe la Lega, da un punto di vista finanziario sarebbe un disastro a cominciare dall’obbligo di versare i depositi cauzionali in attesa delle correzioni di bilancio. Ma l’azionista forte dell’esecutivo, Matteo Salvini, non è di questo parere. “Noi siamo tranquilli, le letterine di Bruxelless, siccome siamo educati, le apriamo, le leggiamo, rispondiamo, loro riscrivono, e noi rispondiamo, ma non cambiamo di una virgola”.


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