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Il governo è ottimista sul deficit. Troppo. Il report del Ref

Essere ottimisti va bene, ma senza dimenticare un pizzico di sano realismo. Mentre il governo attende l’ufficialità della bocciatura europea della manovra, già anticipata informalmente nei giorni scorsi (qui l’intervista di ieri a Barbara Saltamartini) qualcuno fa i calcoli sugli effetti della manovra per i prossimi anni. Si fa presto a dire che da qui al 2020 il deficit in rapporto al pil calerà gradualmente, dopo il picco del 2,4% nel 2019. Ma è davvero così? Secondo gli economisti del Centro Studi Ref, tra gli osservatori più attenti in materia di conti pubblici, non proprio. Anzi, a dire la verità ci sono serie possibilità che si torni molto vicini a quel 3% visto come l’anticamere dell’inferno. Qualcuno a Bruxelles salterà sulla sedia, eppure il rischio c’è.

TROPPO OTTIMISMO SUL DEFICIT

L’esecutivo si aspetta una riduzione del deficit/pil scaglionata per il prossimo triennio. Le cose non stanno esattamente così. “Il governo anticipa un andamento decrescente del deficit, ma incorporando nel percorso di rientro un’altra clausola di salvaguardia sull’Iva”, spiega il rapporto diffuso questa mattina. “È una misura che
però non è scontato che verrà adottata e dunque appare oggettivamente difficile individuare interventi alternativi in tagli alle spese. D’altra parte, è contraddittorio fissare obiettivi di crescita prodotti nel primo anno da maggior deficit pubblico e accompagnati poi da minor deficit. I rischi insomma, sono che il quadro dei conti pubblici scivoli verso saldi prossimi o superiori al 3%”. Il ragionamento alla base delle considerazioni degli economisti del Ref è questo. Disinnescare l’Iva costerà nel 2019 12,5 miliardi, altrettanti nel 2020 ma all’orizzonte non si vedono tagli di spesa in grado di reperire le risorse necessarie. E il deficit nelle previsioni del governo, dovrà calare. Dunque? O non è vero che cala il deficit oppure magicamente salteranno fuori altri soldi. Il dubbio c’è. Per questo al 2020 il Ref si aspetta un deficit non minore del 2,5%, quando invece il governo ha fissato un target del 2,1%.

IL PROBLEMA MERCATI

C’è però un altro problema. Se lo spread non inizierà a intraprendere una traiettoria quantomeno lineare, ogni sforzo di crescita sarà vanificato. Una prospettiva già paventata già ieri in un altro report, recante però la firma del Centro studi Confindustria. “La posizione italiana è peculiare nel panorama europeo. Ai segnali di decelerazione emersi sin dai primi mesi dell’anno in corso e legati soprattutto al quadro internazionale meno favorevole (calo dell’export in presenza di consumi interni sempre deboli), si sono aggiunte le tensioni finanziarie, con l’allargamento dello spread e le forti perdite degli indici di Borsa. Se la situazione sui mercati non si normalizzerà in tempi brevi gli effetti reali attesi dalla politica di bilancio espansiva del governo verranno annullati”, scrive il Ref. “Le tensioni finanziarie stanno montando e il rischio che si palesa è quello di un avvitamento, che passa per le perdite registrate dalle quotazioni delle banche e un possibile ridimensionamento dell’offerta di credito al sistema”, ovvero meno prestiti alle imprese.

UN AVVERTIMENTO A SALVINI

Politica ed economia non sono comunque così lontane quando l’una è funzionale all’altra. La Lega, non è un mistero, ha più volte tentato di forzare la mano con l’Europa per tentare di addossare a qualcuno la responsabilità della mancata attuazione di parte del contratto gialloverde. Una mossa in chiara chiave elettorale in vista delle elezioni europee del prossimo maggio, certo. Ma pur sempre un gioco pericoloso, avvertono dal Ref. “Non è da escludere che nelle prossime settimane la struttura della manovra possa subire qualche aggiustamento: una fase di aumento delle tensioni sui mercati non sembra utile, anche dal punto di vista degli obiettivi politici del governo”. E questo perché “se è vero che lo scontro con le autorità europee può fare gioco per giustificare la realizzazione solo parziale dei programmi annunciati, è anche vero che un avvitamento in una recessione non giova, soprattutto se l’obiettivo è quello di traguardare le elezioni europee di maggio prossimo”.

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