Skip to main content

Tra Russia e Mediterraneo. La Nato alle prese con sfide vecchie e nuove

premio simpatia nato

Lo stato delle relazioni all’interno dell’Alleanza Atlantica, gli orientamenti di politica estera Usa, le sanzioni alla Russia, la possibile guerra commerciale con la Cina e il framework strategico per la frontiera meridionale della Nato. Questi sono stati alcuni dei principali argomenti affrontati nel corso della conferenza “Transatlantic Relations: Charting a New Course”, organizzata da Ispi e Foreign Policy Association in collaborazione con il Maeci e tenutasi a Roma lo scorso 8 ottobre.

L’ITALIA NELLA NATO

Alcuni dei punti fondamentali del dibattito sono stati toccati in apertura di conferenza dal sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano e dall’ambasciatore Usa a Roma Lewis Eisenberg. Il primo ha citato diversi punti sensibili per l’Italia, quali la gestione della crisi migratoria e della sicurezza in Nord Africa e le relazioni della Nato con la Russia. L’ambasciatore, da parte sua, ha sottolineato la gratitudine degli Stati Uniti per il contributo fornito dall’Italia all’Alleanza Atlantica come Paese ospite di personale militare e civile Nato e per le missioni in Iraq e in Afghanistan in cui il Belpaese gioca un ruolo di primo piano.

LE SANZIONI ALLA RUSSIA

Secondo Eisenberg, “l’Alleanza Atlantica non è mai stata più forte”. Tuttavia, nel proprio intervento il diplomatico ha tracciato alcuni solchi in cui l’amministrazione Trump si aspetta che la Nato si muova nei prossimi anni e che non necessariamente coincidono con gli attuali obiettivi di politica estera italiani. Innanzitutto, l’ambasciatore ha tenuto a sottolineare l’importante funzione di deterrenza esercitata delle sanzioni nei confronti della Russia, colpevole del “mancato rispetto delle norme di diritto internazionale” per aver “ingoiato la Crimea, invaso la Georgia” e aver propiziato il conflitto nell’Ucraina dell’est.

UNA MAGGIORE CONDIVISIONE DEGLI ONERI

In secondo luogo, ha riconosciuto “l’immane sforzo” compiuto dall’Italia per gestire i flussi migratori provenienti dall’Africa, sostenendo l’importanza di un maggiore contributo internazionale per risolvere la crisi libica e per garantire la sicurezza della frontiera meridionale della Nato. Tuttavia, Eisenberg ha evidenziato anche la necessità di aggiustare la bilancia dei pagamenti fra Usa e Italia e di raggiungere una maggiore condivisione degli oneri all’interno dell’Alleanza Atlantica.

NUOVE SFIDE E PROTEZIONISMO AMERICANO

Infine, nuove sfide sono state citate dall’ambasciatore, quali le nuove sanzioni all’Iran, che saranno imposte dagli Usa a partire dal 4 novembre, e le misure protezionistiche volute dall’amministrazione Trump. Quest’ultimo tema è stato approfondito in particolare da Matthew Oxenford, membro del think tank Chatham House. Secondo Oxenford, il vero target delle restrizioni commerciali americane sarebbe la Cina. D’altronde, molte sarebbero le aree di mutuo interesse in cui Unione europea e Usa potrebbero collaborare per contrastare le pratiche scorrette dei cinesi, “dal furto di proprietà intellettuali ai trasferimenti di tecnologie militari, ai sussidi a imprese sotto controllo pubblico”.

I RISCHI PER LE IMPRESE ITALIANE

Sul punto, più negativamente si è espresso il presidente della Sace Beniamino Quintieri, secondo cui “l’Italia sarebbe uno dei Paesi che rischierebbero di più se la guerra commerciale dovesse prendere effettivamente piede e dar vita a una serie di misure protezionistiche in varie parti del mondo”. Infatti, secondo Quintieri, la sia pure debole crescita del Pil italiano di questi ultimi anni è stata dovuta principalmente ai settori dell’export e alla capacità delle nostre imprese di “diversificare le proprie esportazioni verso la Turchia, la Russia, la Cina e tanti altri Paesi che sono ora sotto scacco per via della possibile guerra commerciale”.

OTTIMISMO PER L’AVVENIRE

Nonostante i rapporti fra alleati transatlantici non siano sembrati idilliaci nei quasi due anni trascorsi dall’insediamento di Trump, nel corso della conferenza diverse sono state le voci che hanno espresso ottimismo per il futuro della Nato, e in particolare quelle di Ian Brzezinsk, esponente dell’Atlantic Council, e di Noel V. Lateef, della Foreign Policy Association. Il primo ha messo in luce la dedizione americana alla Nato e l’immutato impegno degli Stati Uniti per la salvaguardia della sicurezza internazionale. Il secondo ha posto l’accento sulla forza coesiva impressa sull’alleanza dalle forti relazioni commerciali fra Europa e Usa e dai valori comuni ai Paesi Nato quali il rispetto dei principi democratici.

I RISULTATI DEL SUMMIT DI BRUXELLES

Diversi sviluppi positivi sono stati riportati da Paolo Alli, ex presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato. Secondo Alli, infatti, importanti iniziative sono state inserite nelle conclusioni finali dell’ultimo summit Nato tenutosi a Bruxelles lo scorso luglio. Fra queste: l’iniziativa 4×30, pensata anche come deterrente per eventuali tentazioni espansionistiche russe; la possibilità di invocare l’articolo 5 del trattato Nato non più solo per aggressioni militari ma anche in casi di hybrid warfare; e infine la creazione di un framework per la sicurezza della frontiera meridionale dell’alleanza, di cui la piena capacità operativa dell’hub di Napoli costituisce un elemento fondamentale.

UNO SGUARDO FIDUCIOSO AL FUTURO DELLA NATO

In conclusione, nonostante le numerose sfide cui la Nato sarà chiamata a rispondere nel prossimo futuro e la maretta che ha agitato le relazioni transatlantiche negli ultimi mesi, secondo Louis Susman, ex ambasciatore Usa nel Regno Unito, “l’iniziale esitazione di Trump per l’Alleanza Atlantica sembrerebbe essere superata” e la speranza è “che la Nato si evolva e diventi sempre più forte”.


×

Iscriviti alla newsletter