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Se lo spread arriva a 400 il sistema non regge. Parla Danilo Broggi

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Facile farsi prendere dal panico quando si è in attesa di un giudizio sul proprio debito. Di quelli pesanti, che fanno rumore. Tutto preannunciato o quasi certo, ma quando stasera Standard&Poor’s rivedrà il suo outlook sull’Italia, qualche considerazione bisognerà pur farla. E allora tanto vale farla subito magari con chi ogni giorno ha a che fare con investitori domestici ed esteri, come Danilo Broggi, numero uno di Eos Investiment e manager di lungo corso. Non c’è dubbio che la situazione italiana stia iniziando a preoccupare seriamente gli investitori (qui l’intervista di ieri a un altro manager attivo sui fondi), sempre più perplessi dinnanzi allo scontro in atto tra Italia ed Europa nel nome di una manovra forse non totalmente compresa da Bruxelles e anche dai mercati.

Però un rischio concreto c’è, quello delle banche. 372 miliardi di Btp nei loro bilanci cominciano a creare qualche problema ai patrimoni, soprattutto degli istituti più esposti, come Mps. Più sale lo spread più i titoli in pancia alle banche si deprezzano e la solidità ci rimette. Non solo. “La certezza per il momento è che se lo spread sale troppo, diciamo oltre i 400 punti base, il sistema non regge più. Perché ci sarebbe una prima immediata ricaduta sul sistema bancario in particolare su quegli istituti più deboli patrimonialmente e di conseguenza sulle imprese e famiglie, che si ritroverebbero con un costo del denaro molto più alto nonché un’ulteriore stretta creditizia”, spiega Broggi.

A dire la verità il rovescio della medaglia è un altro. Oltre le banche c’è un problema di finanziamento della spesa. Se lo spread sale troppo lo Stato deve pagare di più per vendere i suoi titoli che perdono valore e all’investitore non conviene più sottoscrivere il debito italiano. Ed è esattamente quello che sta accadendo. “Mi è capitato di parlare recentemente con un grosso fondo internazionale che ha fatto diverse operazioni di acquisizione di imprese italiane che al momento, per la particolare situazione, ha deciso di stare in stand-by verso il nostro mercato. Sono convinto che qualora lo spread volasse oltre 400 punti base il governo sarà costretto ad intervenire, ritoccando la manovra e probabilmente con anche qualche intervento (si legga alla voce ricapitalizzazione, ndr) sugli istituti maggiormente in difficoltà”.

E qui si arriva al vero problema, questa manovra che all’Europa non piace proprio. Se non piace all’Ue i mercati hanno un motivo in più per non fidarsi dell’Italia. Se poi ci si aggiunge che siamo l’unico Paese dell’Ue che praticamente non cresce, ecco che il potenziale disastro è servito. “Questo Paese non cresce da dieci anni, è rimasto l’unico in Ue a non crescere”, puntualizza Broggi. “Fmi ha ritoccato recentemente al ribasso le nostre stime di crescita sia per l’anno in corso che il 2019. Serve assolutamente una politica espansiva di medio termine che faccia ripartire l’economia e i consumi. L’Europa ci ha detto che la nostra deviazione del deficit è senza precedenti va bene e magari hanno ragione. Ma proprio perché l’Italia vive una situazione di bassa crescita ‘senza precedenti’ che tale scostamento si impone”.

Allora ha ragione il governo gialloverde? Broggi la mette in questo modo. “Non credo che l’attuale manovra sia priva delle necessarie spinte propulsive alla crescita (tutto è migliorabile), anche se sul reddito di cittadinanza e sul tema pensionistico ho qualche perplessità di tipo tecnico in più. Ma credo anche che c’è stata finora poca analisi, poca profondità nel giudicare la manovra italiana. Diciamo che si è dato retta più ai titoli che ai contenuti, al dibattito politico legato alle prossime elezioni europee che al merito delle misure in essa contenute e all’urgenza di far ripartire la nostra economia. E i mercati alla fine vedono solo confusione, cominciando a fidarsi meno di questo Paese”. E lo spread sale.

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