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Sommersi dai rifiuti. E non è una metafora. L’allarme del Sole 24 Ore

plastica

La mancanza di impianti per lo smaltimento dei rifiuti e le difficoltà di esportarli ha creato un’emergenza vera. Quella evidenziata questa mattina dal Sole 24 ore che in giornate cruciali per le sorti del paese ha scelto volutamente di accendere i riflettori su una situazione diventata ormai “insostenibile”. Ecco perché:

“L’intero sistema sta saltando con risultati devastanti per l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del territorio, per la salute di tutti”, si legge in un editoriale di Fabio Tamburini. Per cui occorrono interventi tempestivi. A partire dagli impianti di riciclaggio, giunti ormai alla saturazione. “Mancano impianti ma soprattutto mancano sblocchi industriali. L’economia reale non fa sparire i rifiuti, li usa e li rigenera. Quindi abbiamo bisogno di politiche industriali, di uno Stato che sappia concertarle”, scrive.

Il direttore del quotidiano confindustriale prende spunto dell’ultimo incendio di un grande capannone dov’erano stoccati rifiuti di plastica avvenuto alle porte di Milano. Uno dei tanti magazzini andati in fiamme in tutta Italia ed elencati nell’inchiesta pubblicata sulle stesse pagine e firmata da Jacopo Giliberto.

In sintesi il mercato non è capace di assorbire la quantità di rifiuti prodotta e differenziata dai cittadini e mancano gli impianti di riciclaggio per smaltire questo avanzo. Le conseguenze non sono solo ambientali. La paralisi del mercato dei rifiuti e del riciclo dei materiali recuperabili secondo quanto si legge sul Sole favorisce comportamenti scorretti, quando non il ricorso alla malavita.

“Il mercato è più piccolo dell’offerta e gli impianti di selezione e di riciclo si riempiono di carta e plastica, vetro che nessuno compra, mentre gli impianti sono intasati dall’immondizia generica di città arretrate come Roma”, scrive Giliberto. Se dunque la raccolta differenziata si estende di giorno in giorno, non cresce il mercato finale dei prodotti rigenerati, la cui domanda è ancora troppo modesta.

E se gli inceneritori non bastano, i prezzi sono ormai superbi: “Per acquistare un po’ di spazio per una tonnellata di spazzatura in una discarica lombarda si paga più di 140 euro”. Motivo per cui si ricorre spesso a soluzioni “facili e sbagliate”. Quelle della malavita appunto.

A facilitare l’innesco delle fiamme è soprattutto l’accumularsi di materiali riciclabili altamente infiammabili come carta da macero e plastica rigenerata. Ma in molti casi è evidente la mano umana. Anche perché i numeri sono alti: si tratta di 300 siti di stoccaggio di rifiuti negli ultimi tre anni andati bruciati.

Poi l’inchiesta mette in risalto un altro problema: ogni progetto di un nuovo impianto di smaltimento trova i comitati nimby che si oppongono alla costruzione. Altri esempi vanno nella stessa direzione: “In questi giorni è saltato il progetto di un inceneritore A2a a fianco della raffineria di Milazzo (il motivo: rovinerebbe il paesaggio) il presidente della regione Lazio ha annunciato che spegnerà l’inceneritore di Colleferro che è l’ancora di salvezza di Roma. E gli esempi non finisco qui nell’inchiesta del Sole 24 Ore. Oltre a ciò il ministro Costa ha intenzione di smontare l’art.35 dello Sblocca Italia “che inapplicato potrebbe favorire la costruzione di odiati inceneritori”.

Nel frattempo è crisi. Sia delle imprese che producono rifiuti, assediate da prezzi insostenibili, ma anche di quelle del settore riciclo. Come evidenziano gli allarmi giunti dai riciclatori aderenti all’Unirima, da Cisambiente, Assoambiente ed Utilitalia.



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