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Spie e politica lungo l’asse Stati Uniti e Cina

cinesi, cina

Meno di una settimana fa, un ufficiale dell’intelligence cinese di nome Yanjun Xu è stato estradato dal Belgio agli Stati Uniti per la prima volta. Il dipartimento di Giustizia aveva chiesto la consegna sulla base di una denuncia presentata dalla Corte degli Stati Uniti del Southern District dell’Ohio. Il 21 marzo, Xu era stato accusato di spionaggio economico allo scopo di ottenere guadagni statali e il furto di segreti commerciali, ed è stato incriminato con un processo rapido (che ha tenuto conto dei risultati di un’indagine del controspionaggio) il 4 aprile.

Il caso è interessante perché è uno dei problemi di fondo per cui l’amministrazione Trump ha ingaggiato con Pechino la guerra commerciale e il confronto globale, e dà segnali chiari su quello che per la Casa Bianca deve essere l’approccio futuro alla faccenda. Per Washington i cinesi stanno portando avanti pratiche scorrette e illegali con cui spingere la propria economia e la propria influenza internazionale. Le attività di spionaggio hanno scopi politici, ma anche industriali: agenti e reclutatori dei servizi segreti cinesi vengono inviati in giro per il mondo a trattare argomenti di valore strategico su cui Pechino vuole ottenere informazioni per poterle poi utilizzare come via per avvantaggiarsi in progetti di vario genere, da quelli ordinari ai più cruciali (su cui, in molti casi, soffre ancora dei deficit).

Summit aziendali, incontri di settore, contaminazioni accademiche, sono gli ambiti dove l’intelligence umana ha più spazio: nel caso specifico, un reclutatore dei servizi segreti cinesi ha agganciato un dipendente del settore aerospaziale americano, lo ha corteggiato fino a invitarlo a parlare in un panel organizzato dalla Nanchino University of Aeronautics and Astronomics. Lì si è presentato Xu sotto falso nome come dipendente della Jiangsu Science and Technology Promotion Association, entità teoricamente affiliata all’università di Nanchino. Xu ha pagato l’americano con tremilacinquecento dollari in contanti per la sua disponibilità a tenere la conferenza in Cina, e da lì sono iniziati i contatti tra i due.

La missione di human intelligence: Xu ha chiesto varie informazioni al dipendente, che nel frattempo aveva segnalato il contatto alla società americana – nei verbali desecretati dell’accusa viene individuata come “Società A”, ma si sa che fa parte dei contractor privati che lavorano per il governo americano. La Società A, insospettita, ha avvisato le autorità e lì è iniziato il lavoro di controspionaggio: il dipendente ha lasciato spazio a Xu, offrendogli addirittura l’opportunità di copiare i dati del suo portatile di lavoro, ma chiedendogli di non andare in Cina – perché la società non gli avrebbe permesso di portare con sé il laptop. L’incontro è stato organizzato, su indicazioni del counter-intelligence americano, a Bruxelles, dove Xu è stato poi catturato.

Gli alleati belgi, e altri partner europei, erano informati dell’operazione non soltanto per ragioni tattiche: Washington lo fa per questioni strategiche, ossia vuol far capire all’Europa che non c’è da fidarsi nel lavorare con la Cina. L’amministrazione Trump su questo ha una linea piuttosto chiara: la Cina – per usare le parole dette dal direttore dell’Fbi, Christopher Wray, nella testimonianza del 10 ottobre al Senato Homeland Security Committee – è “la più ampia, più complicata, più a lungo termine” minaccia agli interessi statunitensi (e occidentali). Gli Stati Uniti capiscono le necessità che gli alleati hanno nel mantenere una porta aperta a Pechino, ma vogliono chiarezza, trasparenza, disponibilità, e se possibile allineamento.

Gli americani chiedono piena collaborazione agli alleati, ed è questo il messaggio, doppio, che vogliono che passi a Pechino: non si scherza, soprattutto sullo spionaggio. Washington ha intrapreso la via della severità, e per farlo si avvale di tutti gli strumenti giuridici possibili e della completa partnership degli alleati. È parte della strategica con cui il Presidente americano Donald Trump vuol creare un fronte organico occidentale anti-cinese.

 

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