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Alla fine per Tav sarà come Tap. La resa del M5S (per fortuna)

Poco meno di 1.200 chilometri separano il Tap dalla Tav, l’energia dai trasporti, il gas dai binari. Due opere distanti ma unite da uno stesso destino. Quello cioè di essere concepite, sponsorizzate, finanziate, boicottate e infine realizzate, anche controvoglia. Il governo legastellato è finito in seria difficoltà sulla vicenda del gasdotto pugliese che il Movimento Cinque Stelle aveva promesso di bloccare non appena salito al governo. E invece il premier Giuseppe Conte ha dovuto alzare bandiera bianca e ammettere che sì, il Tap si deve fare pena l’onorare penali salate oltre che rimediare una figuraccia con i principali partner dell’opera.

Adesso ci si chiede se la partita per il no alle grandi opere si è spostata in Val di Susa, portandosi dietro i veleni interni al M5S sorti dal Tap. Con ogni probabilità sì. Però a questo punto c’è da chiedersi quale sia il vero messaggio, politico o no che sia, che dal Salento arriva fino alle Alpi. Formiche.net lo ha chiesto ad Alberto Carnevale Maffè docente alla Sda Bocconi e profondo conoscitore delle problematiche legate alle infrastrutture. Bisogna partire dalla Puglia per capire che cosa succederà in Piemonte.

“Facciamo una premessa, la protesta contro il Tap era assurda, irrealistica perché stiamo parlando di un tubo largo qualche metro ma che ci renderà un po’ meno dipendenti dalla Russia. Rinunciare al Tap ci avrebbe sommerso di penali, di ridicolo, di contenziosi oltre che tagliarci fuori dal mondo. Nessuno avrebbe più voluto fare un solo accordo con noi. Detto questo la vera realtà emersa dalla vicenda Tap è un’altra. E cioè l’incapacità di questo governo di portare a termine la famosa analisi costi-benefici. Conte, nella sua lettera due giorni fa ai cittadini di Melendugno lo ha detto in modo chiaro: “Non sono riuscito a fermare l’opera”. Questo è essenziale perché significa che il premier non ha cambiato idea sul Tap, anzi. Semplicemente non è stato capace di fermarlo con un’adeguata analisi costi-benefici”.

Per Carnevale Maffè dunque il governo non può riuscire a bloccare la Tav perché non ne è capace così come non è stato capace di fermare il Tap. “Come possono pensare di bloccare opere ben più complesse come la Tav se non si è riusciti a chiudere un’infrastruttura di gran lunga più semplice come il Tap? Siamo dinnanzi a una strategia che perde in partenza: se il governo non ha dimostrato la prevalenza degli aspetti negativi su quelli positivi nel caso pugliese, non potrà farlo con la Tav perché la sua credibilità è stata irrimediabilmente compromessa in Salento: è come se avessero detto ‘non sappiamo fare bene i calcoli’. Ci riusciranno sulla Tav? Ne dubito”.

Oltre al discorso per così dire politico, ce ne sta un’altro più pratico. “Ma poi che cosa pensano di fare? Bloccare un’opera che da un punto di vista invasivo è già completa? Ci sono le gallerie, i ponti, che facciamo riempiamo le gallerie? Non sta in piedi. Anche qui, ci ritroveremmo isolati dal mondo, come l’unico Paese che non investe sull’Alta Velocità. Un qualcosa che ha cambiato il mondo, che ha cambiato anche il nostro Paese. Un esempio? Italo. Non fatturava granché eppure gli americani se la sono comprata per miliardi. L’Alta Velocità paga e la Tav si farà al 100%”.

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