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Così l’industria italiana può aiutare l’economia circolare

In questi giorni il parlamento sta esaminando il disegno di legge che prevede la delega al governo per il recepimento delle direttive europee, la cosiddetta “Legge di delegazione europea 2018”, all’interno della quale sono inserite le norme relative al “Pacchetto sull’economia circolare” , approvate dal parlamento europeo e dal consiglio prima della pausa estiva.

Si tratta di alcune direttive che modificano le norme relative ai rifiuti, agli imballaggi e ai rifiuti elettrici ed elettronici. Di economia circolare si parlerà per quattro giorni a Rimini, nell’ambito della manifestazione Ecomondo, a partire dal prossimo 6 novembre. Nel frattempo Confindustria ha predisposto un proprio documento, “Il ruolo dell’industria italiana nell’economia circolare”, che ha presentato nei giorni scorsi , a Roma, alla presenza del ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
L’industria italiana, è la tesi di fondo del documento, guarda ormai, da diverso tempo, al tema della sostenibilità come a una opportunità di sviluppo, piuttosto che come un vincola alla crescita.

Il sistema produttivo di casa nostra, infatti, ha investito e continua ad investire in questo settore “per garantire non solo la compatibilità ambientale delle proprie produzioni, ma anche per sviluppare nuovi prodotti e processi che possano ridurre l’impatto dell’uomo, salvaguardando quindi il nostro pianeta”.

“La sostenibilità – scrive il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia – è uno dei pilastri dello sviluppo del Paese. Con l’economia circolare le imprese contribuiscono non solo al rispetto dell’ambiente, ma anche ad un’idea di società aperta e inclusiva. A noi spetta l’impegno di raggiungere questo obiettivo, che significa non rubare risorse alla generazioni future”.
Il sistema industriale può contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale attraverso lo sviluppo di nuovi prodotti e l’adozione di tecnologie finalizzate ad una maggiore compatibilità ambientale dei processi produttivi. E questa capacità di innovare ha portato la nostra industria, in più di una occasione, ad anticipare gli orientamenti nazionali e comunitari. E’ il caso del pacchetto di direttive sui rifiuti, approvate prima della pausa estiva da Bruxelles e in via di recepimento nel nostro ordinamento.

Occorre tener presente, infatti, che il nostro Paese, povero di materie prime, ha sviluppato una particolare dote, e cioè “fare tanto con poco”, cioè “valorizzando quanto più possibile i residui produttivi e di consumo, consolidando performance che ci hanno portato ad essere leader europei nel riciclo, con evidenti benefici indiretti, tra cui la minor dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento di materie prime e minore impatto in termini di emissioni”.

Le proposte di Confindustria, contenute nel documento e presentate al nuovo esecutivo e al Parlamento, riguardano in particolare, l’abbattimento delle barriere non tecnologiche, derivanti da un approccio restrittivo del legislatore e degli enti preposti al controllo e al rilascio delle autorizzazioni, il favorire lo scambio di beni prodotti secondo i principi dell’economia circolare, tenendo presente che il crollo dei prezzi di alcune materie prime rende economicamente difficile la scelta di materie “seconde”.

E ancora, la capacità impiantistica del Paese nell’economia circolare, favorendo l’efficienza degli impianti di riciclo e recupero esistenti, valutando la necessità di costruirne di nuovi e limitando al minimo la presenza di discariche sul territorio e la necessità di perseguire la sostenibilità e la tutela ambientale nei processi produttivi può essere soddisfatta attraverso il perseguimento costante di investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione.

In definitiva, gli industriali italiani auspicano “che l’intero sistema Paese, fatto non solo di istituzioni, ma anche di comunità civile, sia pronto a raccogliere la sfida che arriva dall’Europa”, mettendo l’industria nelle condizioni di agevolare il percorso intrapreso.


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