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Dal Veneto alla Sicilia, la colpa è (solo) nostra. Parla Erasmo De Angelis

No, in Italia c’è decisamente qualcosa che non va. Non è possibile che il cosiddetto maltempo si trasformi puntualmente in un killer senza scrupoli, un cecchino dalla mira infallibile pronto a lasciare dietro di sé una scia di morti. C’è qualcosa che non funziona.

Il che cosa, Formiche.net lo ha provato a chiedere a Erasmo De Angelis, che di ambiente, territorio e annessi disastri se ne intende. Giornalista, autore di diversi saggi di carattere ambientale, animatore di Italia Sicura con un passato da sottosegretario ai Trasporti nel governo Letta e oggi segretario generale dell’Autorità Distretto idrografico dell’Italia Centrale.

De Angelis, chiamiamolo anche ciclone tropicale. Ma ci sono delle vittime…

Le propongo un passo indietro, le va? Questo è un Paese che ha la memoria corta. Per esempio non si ricorda che negli ultimi 50 anni, più o meno dall’alluvione del 66, l’Italia ha contato circa 6mila morti per alluvioni, un milione di sfollati e 4.500 aree di 7mila comuni su 8mila interessati tra frane e alluvioni. Insomma quasi tutti. Partiamo da questo punto. Viviamo in un Paese dove l’emergenza alluvionale c’è sempre stata.

Che cosa ha l’Italia di diverso rispetto ad altri Paesi?

Innanzitutto è per due terzi collina o montagna, peraltro zone geologicamente argillose o franose. Dunque una vera predisposizione al rischio idro-geologico. In più il tutto è soggetto ad eventi atmosferici come i venti e a fenomeni come l’erosione. Già questo basta a giustificare una precarietà della situazione. Le do un dato pazzesco…

Prego.

In Europa ci sono circa 700mila aree a rischio frana. Bene di queste circa 600mila sono in Italia. In pratica quasi il 90%. Otto milioni di italiani oggi sono a rischio frana. Si rende conto?

Altroché. Però non mi venga a dire che la mano dell’uomo non c’entra nulla…

Certo che c’entra, ci mancherebbe. Ci sono decenni di urbanizzazione folle che hanno permesso di costruire case sui fiumi e in generale in aree dove non bisognava mettere nemmeno un mattone. All’inizio fu colpa del boom degli anni 60, cui seguirono i condoni edilizi che hanno permesso di costruire in zone ad alto rischio. Lo sa che località come Ostia o Fiumicino sono all’80% abusive? Non siamo stati capaci di controllare, di darci delle regole. E guardi che cosa è successo in Sicilia…

Già, la Sicilia…

Sa dov’è l’errore? Nel costruire vicino ai fiumi. L’Italia non è solo il Paese con più fiumi in Europa ma sono quasi tutti a carattere torrentizio. Che vuol dire? Che 11 mesi all’anno sono polvere, poi a novembre con la cosiddetta bomba d’acqua diventano fiumi in piena e dunque vere e proprie valanghe d’acqua.

Fin qui i problemi legati a un territorio non facile. Ma diciamolo, c’è anche un problema politico. Per non dire sociologico. Corretto?

Sì, è corretto. E il problema si chiama assenza di cultura della prevenzione. Questo Paese arriva sempre dopo, quando è tardi. Quando il disastro è compiuto. E che cosa fa? Mette mano al portafoglio e manda fondi, risarcimenti. Sa che cosa è questo Paese? La più grande compagnia assicurativa d’Europa.

In effetti oggi il governo ha annunciato 4 miliardi in manovra per il Veneto…

Ecco lo vede? Sempre dopo. E invece bisogna prevenire. Ma come farlo capire a un Paese che non investe nella prevenzione nei luoghi di lavoro, non la insegna nelle scuole. Semplicemente non la fa. C’è qualcosa nel nostro dna che ci spinge ad affidarci al caso, al buon Dio, alle toccatine di ferro. Sperando che il disastro non accada. C’è qualcosa di arcaico. E invece bisognerebbe fare prevenzione, della sana e robusta prevenzione.

E invece?

Niente. Viviamo con 1/3 dei comuni che non hanno una protezione civile adeguata. Le basti questo.

Italia Sicura presentò a suo tempo un piano di interventi se non ricordo male…

Ricorda bene. Circa 27 miliardi di euro per interventi sul territorio da effettuare in un arco di 15 anni, perché questo è il tempo della prevenzione. Anni. Cercammo a suo tempo di impiantare il concetto di prevenzione. Ma non credo ci siamo riusciti, visto che il piano è ancora lì, al ministero. Fermo. E lo sa perché?

No, me lo dica lei…

Perché la prevenzione a differenza degli interventi post-disastro è faticosa. E non porta voti.

 

 

 

 

 

 

 

 

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