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Così la green economy può accendere il pil. Una proposta da Ecomondo

Si è aperta oggi a Rimini, inaugurata dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, la 22° edizione di Ecomondo, la più importante manifestazione dedicata ai temi della tutela dell’ambiente e della salvaguardia del territorio. In contemporanea la 12° edizione di Key Energy con i settori strategici dell’efficienza energetica. Organizzati da Italian Exibition Group i due eventi, che andranno avanti fino a venerdì 9 novembre, presenteranno il volto virtuoso dell’Italia, sia per quanto riguarda le performance dalle aziende di casa nostra nell’economia circolare che per gli obiettivi raggiunti nelle energie rinnovabili.

L’indice di circolarità (così si chiama) elaborato dalla Commissione europea vede il nostro Paese secondo solo all’Olanda nell’uso di materiali già utilizzati. Ed è all’avanguardia per il recupero dei rifiuti di imballaggio: sono state infatti avviate a recupero, nel 2017, oltre 10 milioni di tonnellate di questi rifiuti, pari al 78% dell’immesso al consumo. Secondo alcuni istituti di ricerca, il sistema manifatturiero europeo potrebbe risparmiare, conseguendo gli obiettivi fissati al 2020, 640 miliardi di dollari di approvvigionamento di materia e solo in Italia la circular economy potrebbe creare fino a 540 mila posti di lavoro nei prossimi dieci anni.

Gli Stati generali della green economy hanno dato il via ai lavori della quattro giorni riminese con una relazione del presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile Edo Ronchi e che ha visto la partecipazione al dibattito dei rappresentanti di tutte le forze politiche e le conclusioni del ministro Costa. L’Italia non è all’anno zero in green economy, ha tenuto a ribadire il ministro, “investire in green economy significa fare economia circolare e l’economia circolare deve sostituire l’economia lineare perché le risorse non sono illimitate. Nella finanziaria abbiamo inserito misure per facilitare questo processo”.

La relazione 2018 sullo stato della green economy presentata a Ecomondo propone uno studio sull’impatto per l’economia e l’occupazione di dieci misure che vengono presentate al nuovo Parlamento e al nuovo governo. Si tratta di raddoppiare le fonti energetiche rinnovabili, potenziare le misure per l’efficienza energetica degli edifici, realizzare i nuovi target di riciclo dei rifiuti, predisporre un programma di rigenerazione urbana, raddoppiare gli investimenti nell’eco-innovazione; attivare le misure per una mobilità urbana sostenibile e potenziare l’agricoltura biologica e di qualità, riqualificare il sistema idrico nazionale; rafforzare la prevenzione del rischio idrogeologico (mai come oggi di così drammatica attualità) e completare le bonifiche dei siti inquinati.

L’insieme di queste misure di green economy, che richiederebbero in media tra 7 e 8 miliardi di investimenti pubblici per i prossimi cinque anni, attiverebbero oltre 24 miliardi di investimenti privati ogni anno, generando un valore di produzione di 74 miliardi e in media 440 mila posti di lavoro ogni anno, che, con l’indotto, arriverebbero a 660 mila circa. “I vantaggi economici di questi investimenti green sono molteplici”, ha aggiunto Ronchi, “il primo riguarda i costi evitati dell’inquinamento e di altri impatti ambientali, il secondo la capacità di queste scelte green di attivare, con investimenti pubblici, effetti moltiplicatori anche di quelli privati e il terzo vantaggio sta nella capacità di utilizzare e promuovere innovazione e diffusione di buone pratiche”.

L’impatto occupazionale è stato calcolato anche per ciascuna delle misure previste. Le fonti rinnovabili sno al primo posto con il 32% del totale degli occupati; seguono l’agricoltura biologica e di qualità (18%), la rigenerazione urbana (12%), l’efficientamento degli edifici (9%), la riqualificazione del sistema idrico (7%), la bonifica dei siti contaminati e la gestione dei rifiuti (5%), la mobilità urbana e l’eco-innovazione (2%) e solo con lo 0,7% degli occupati la prevenzione del rischio idrogeologico.

La relazione 2018 fornisce anche un aggiornamento sull’andamento dei settori strategici della green economy in Italia, con le sue luci ed ombre. Bene l’economia circolare, l’agricoltura biologica e l’eco-innovazione, mentre c’è ancora molto da fare per quanto riguarda il consumo del suolo,la tutela della biodiversità e la decarbonizzazione. Nel dettaglio i consumi di energia, con una modesta ripresa economica, sono tornati a crescere e le fonti rinnovabili soddisfano quasi il 18% del fabbisogno totale.

Per tasso di circolarità l’Italia è al secondo posto in Europa; così pure per il riciclo dei rifiuti con oltre 13 milioni di tonnellate riciclate, pari al 45% dietro alla sola Germania, con punte di eccellenza nel settore dei rifiuti di imballaggi con il 67% dell’immesso al consumo. L’agricoltura biologica nel 2017 ha raggiunto 1 milione e 800 mila ettari, il 20% in più rispetto al 2016, secondo Paese europeo dietro la Spagna. Il consumo del suolo, purtroppo, aumenta al ritmo di 15 ettari al giorno e il nostro Paese resta, tra i Paesi europei, quello con più alta concentrazione di consumo del suolo rispetto alla superficie. Bene la mobilità sostenibile, ma non va altrettanto bene per i nuovi veicoli ecologici. Domani si prosegue con una sessione internazionale e un approfondimento dedicato al Piano nazionale per l’energia e il clima.


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