Con lo sviluppo dell’economia circolare, così come disegnato dalle nuove normative europee, l’occupazione in Italia aumenterebbe di 50 mila nuovi posti di lavoro. 23 mila se vengono raggiunti gli obiettivi di riciclo; 16 mila con l’adeguamento agli standard delle imprese della riparazione francesi, tedesche e spagnole; nel settore della bioeconomia al 2020 in Europa è previsto un incremento di 90 mila posti di lavoro, di cui 11 mila in Italia. Nelle imprese che investono in green economy si potrebbe ottenere un incremento dell’11 e mezzo per cento di occupazione.
Sono questi alcuni dei numeri contenuti nel documento “Potenzialità e ostacoli per l’economia circolare in Italia”, presentato oggi al Senato dal Circular Economy Network. L’economia circolare come via d’uscita principale dalla crisi dei rifiuti, di cui tanto si parla in questi giorni a livello di governo. Un deciso sviluppo di questo nuovo paradigma porterebbe in Italia indubbi vantaggi per l’occupazione, le imprese, la spesa pubblica e l’ambiente.
“Il pacchetto dell’economia circolare – ha detto Edo Ronchi, presidente del Network – ci obbliga a ridurre la produzione dei rifiuti ed ad arrivare ad una quota di riciclo almeno del 65%: un cambiamento epocale sia per i cittadini che per le imprese. Riduzione degli sprechi alimentari e dell’usa e getta, azioni per allungare la vita dei prodotti, per migliorarne la riparabilità e facilitarne la rivendita dovranno diventare obiettivi comuni, così come l’adozione di politiche che accrescano il riciclo della materia, l’aumento della raccolta differenziata, le tecnologie innovative”.
In molti settori produttivi si avrebbe un incremento del fatturato. Secondo uno studio del Parlamento Europeo, nei settori della riparazione e affitto dei beni e della compravendita di prodotti si genererebbe un mercato aggiuntivo di quasi 8 miliardi di euro l’anno, di cui 1,2 miliardi in Italia. La vendita dell’usato, il cui trend è in decisa crescita, potrebbe incrementare il proprio fatturato di oltre 3 miliardi entro il 2022. Anche quello della bioeconomia avrebbe uno sviluppo, al 2020, di 40 miliardi.
“Oggi l’economia circolare è la politica industriale che produce più posti di lavoro e più fatturato – ha ribadito l’europarlamentare Simona Bonafè, relatrice sul Pacchetto dell’economia circolare – In Italia, paese povero di materie prime, il recupero e il riciclo si fanno da molti anni e adesso, grazie a un quadro normativo chiaro per i prossimi trenta anni, le potenzialità e le opportunità di questa transizione verso un nuovo tipo di economia sono aumentate. L’ostacolo principale è soprattutto culturale: la carenza strutturale di impianti riguarda soprattutto la selezione e il compostaggio; quello degli inceneritori è un falso problema”.
Anche la spesa pubblica, attraverso gli acquisti verdi (Green Public Procurement), potrebbe essere ridotta. In quattro anni la Consip ha deliberato “appalti verdi” per oltre 13 miliardi di euro; nel solo 2017 questo ha permesso di risparmiare 380 milioni. Secondo dati del governo la spesa annua dell’Italia per gli appalti pubblici è superiore a 172 miliardi di euro, ampliare a tutta questa spesa i criteri verdi potrebbe consentire un risparmio per l’erario di circa 10 miliardi di euro l’anno (pari alla copertura prevista per il reddito di cittadinanza).
Adeguando i livelli di utilizzo della materia agli standard delle migliori aziende italiane, attraverso l’ecodesign e il cambiamento dei cicli produttivi, ridurrebbe la produzione dei rifiuti di oltre 10 milioni di tonnellate l’anno, la dipendenza da materie prime di 30 milioni di tonnellate, le emissioni di CO2 di circa 10 milioni di tonnellate, il riciclo aumenterebbe di decine di milioni di tonnellate e si potrebbe contrastare il degrado del suolo che oggi grava su oltre il 21% del territorio nazionale.
Il mondo imprenditoriale, come ha ricordato Andrea Bianchi di Confindustria, “è pronto ad accettare questa sfida, che ha già intrapreso vent’anni fa con la creazione del sistema dei Consorzi di riciclo, diventato un caso di eccellenza a livello europeo”. La strategia della transizione verso l’economia circolare deve avvenire attraverso “la formazione e l’informazione; l’assetto normativo e regolatorio coerente con gli obiettivi di circolarità; la dotazione di impianti di riciclo”.