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La Cina compatta i Five Eyes. Anche la Nuova Zelanda ferma il 5G di Huawei

5G, Huawei

Il fronte dei Five Eyes – l’alleanza di intelligence sharing di Paesi anglofoni composta da Stati Uniti, Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito – si compatta per mettere all’angolo Huawei e la presenza di quest’ultima in una tecnologia strategica come il 5G. Dopo il “ban” dalla gara per lo sviluppo delle reti mobile di nuova generazione da parte di Washington e Canberra, e le forti titubanze di Londra, ora anche anche Wellington ha fermato il colosso cinese ritenuto dai servizi segreti di questi Paesi, assieme alla connazionale Zte, “un pericolo per la sicurezza”.

LO STOP DELLA NUOVA ZELANDA

Con questa motivazione, anche il gruppo di isole situate in Oceania ha detto no all’uso delle apparecchiature dell’azienda di Shenzhen da parte dell’azienda di telecomunicazioni nazionale Spark, alle prese con un importante lavoro di aggiornamento ed espansione dell’infrastruttura. La decisione è stata notificata alla compagnia dall’Ufficio per la sicurezza delle comunicazioni del governo neozelandese, il Gcsb, con una nota nella quale si comunica che la telco “non potrà attuare o dare seguito alla sua proposta di utilizzare apparecchiature Ran di Huawei per la rete 5G” pianificata dal provider.

L’INCOGNITA CANADA

Unica nazione del gruppo la cui posizione appare ancora incerta è il Canada. A metà ottobre due parlamentari americani di opposti schieramenti – il democratico Mark Warner e il repubblicano Marco Rubio – sollecitarono con una lettera Justin Trudeau a non incorporare il colosso asiatico nello sviluppo della rete 5G nazionale perché una tale scelta potrebbe seriamente danneggiare il rapporto tra i due Paesi nordamericani, vicini e strettissimi partner commerciali e di sicurezza. Se, infatti, le comunicazioni tra le due nazioni passeranno su quei canali, Washington – fecero notare i due politici – potrebbe non considerarle più al riparo da orecchie e occhi indiscreti. Nonostante questa missiva, il primo ministro di Ottawa replicò tuttavia che una decisione sul dossier – tra l’altro non ancora avvenuta – sarà presa in totale autonomia.

I TIMORI USA

Ma i timori statunitensi per la sicurezza derivanti da un ruolo cinese nel 5G occidentale (una presa di posizione, spiegava su queste colonne il professor Carlo Alberto Carnevale-Maffè, dettata dal fatto che le autorità Usa hanno chiesto alle aziende di Pechino architetture verificabili, così da poter essere sottoposte allo scrutinio delle istituzioni deputate alla sicurezza, e ha bandito chi non assicurava questi requisiti) non sono relativi solo ai “5 occhi” e non si limitano al più volte denunciato “furto di segreti industriali”. La scorsa settimana fonti citate dal Wall Street Journal hanno raccontato che funzionari del governo americano avrebbero incontrato controparti e dirigenti delle aziende di telco di Paesi amici e alleati come Giappone (che secondo il quotidiano Nikkei starebbe già pensando all’esclusione dagli appalti pubblici di grandi aziende tecnologiche cinesi), Germania e anche Italia per spiegare loro quanto alto sia il pericolo dal loro punto di vista, soprattutto in nazioni, come le tre citate, che ospitano basi militari americane sul loro territorio che – al netto dell’utilizzo della rete satellitare e telefonica del dipartimento della Difesa per comunicazioni altamente sensibili – vedono transitare gran parte del loro traffico su comuni reti commerciali.


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