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Libia. Bilancio, prospettive e retroscena della conferenza di Palermo

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Palermo the day after: dune tempestose o tregua di pace? Per gli ottimisti è stato fissato un punto di partenza riconosciuto dalla comunità internazionale che prima non esisteva. Per gli scettici si corre il rischio che venga traslata in Libia la sindrome del Gattopardo che da sempre aleggia su Palermo: cambiare tutto affinché tutto rimanga come era.

“L’impatto immediato sarà praticamente assente, perché non è stato spostato alcun equilibrio e né tanto meno sono state approvate decisioni in grado concretamente di incidere sulla vita quotidiana dei libici” afferma l’editorialista Mauro Indelicato, esperto di strategie politiche e militari.

Effettiva portata della conferenza palermitana?

È la domanda che per primi i giornalisti libici rivolgevano alle delegazioni presenti a Villa Igiea. I giornalisti provenienti dal Paese nordafricano sottolineavano i timori della popolazione libica, che adesso si chiede cosa cambia al di là delle strette di mano e delle cerimonie viste in Sicilia. Tutto dipenderà da quello che accadrà già a partire da domani: se realmente c’è intenzione, da parte dei libici e della comunità internazionale, di supportare il piano dell’Onu illustrato nei giorni scorsi, allora il vertice di Palermo può essere considerato come una sorta di vero e proprio “antipasto” o comunque come un trampolino di lancio in vista di future conferenze più risolutive. Di certo, rispetto agli altri summit, c’è in ogni caso da registrare l’importanza di aver visto tutti i principali attori libici seduti uno di fronte all’altro all’interno di una medesima conferenza.

Concretezza o soltanto promesse e premesse per future intese?

Il documento finale, che per la verità non era atteso alla vigilia, non c’è stato e quindi è difficile parlare di concretezza quando i lavori di due giorni di vertice non vengono messi nero su bianco. La diplomazia italiana ha lavorato per provare proprio a strappare un accordo scritto, ma l’uscita di scena anticipata dei turchi e soprattutto il diniego di Haftar non hanno fatto raggiungere questo obiettivo. Certo, rimangono alcuni capisaldi da cui ripartire: non solo la road map dell’Onu, ma anche la promessa di una nuova conferenza a gennaio e questa volta in Libia.

Come ne esce l’Italia?

Roma ha raggiunto l’obiettivo minimo, che era quello di far vedere al resto della comunità internazionale di essere in grado di portare in Italia tutti i principali contendenti. Dunque il governo, anche stando alle dichiarazioni finali di Conte in sala stampa, appare soddisfatto e vuole lanciare questo segnale di ottimismo. L’Italia però adesso deve impegnarsi a fondo per rivendicare un ruolo di guida in vista dell’applicazione della road map dell’Onu. Diversamente, anche gli obiettivi minimi raggiunti dalla diplomazia italiana a Palermo saranno effimeri.

Haftar e al Serraj a ciascuno il suo?

Entrambi hanno raggiunto i propri scopi: Haftar far parlare di sé, al Serraj essere riconfermato alla guida del consiglio presidenziale almeno fino alle prossime elezioni. Ciascuno per le proprie parti, hanno di che essere soddisfatti. Forse anche per questo, poco prima dell’inizio della riunione finale di Villa Igiea, i due hanno deciso di stringersi la mano a di farsi immortalare assieme.

Ruolo francese?

Al di là della retorica politica, in realtà Italia e Francia a Palermo hanno collaborato. Non è un caso che da Parigi sia arrivato il ministro degli esteri francese, mentre altri Paesi come Germania ed Usa hanno inviato semplici sottosegretari. Da parte transalpina si è capito, stando alle ricostruzioni emerse dagli incontri di Villa Igiea, che l’unilateralismo non porta buoni frutti in Libia. Dunque, da Parigi arrivano segnali distensivi a favore dell’Italia ed il vertice siciliano sembrerebbe aver certificato tale circostanza.

Stati Uniti, Russia ed Egitto?

Certamente il Paese che esce maggiormente vincitore è la Russia. Mosca ha inviato il primo ministro, ma ha destato molta impressione anche la quantità di giornalisti russi presenti a Palermo, segno di una grande attenzione dei russi sia sulla Libia sia sul Mediterraneo in genere. La Russia ha mediato tra Italia e il generale Haftar, elemento questo che testimonia il radicamento che oramai la diplomazia russa ha nel Paese nordafricano. Gli Usa invece sono apparsi più defilati, evidentemente per Washington la Libia non è in cima alle preoccupazioni. L’Egitto, dal canto suo, continuerà a sostenere Haftar ma deve anche sorbirsi le proteste della Turchia che ha abbandonato il vertice proprio perché, secondo Ankara, si è dato più spazio ad Haftar ed alle richieste di Al Sisi rispetto agli altri attori. Potrebbero sorgere, in seno al contesto libico ma non solo, delle frizioni importanti tra Il Cairo ed Ankara.

L’Europa ha battuto un colpo o è stata evanescente?

“Bruxelles un colpo l’ha certamente battuto, portando a Palermo sia Federica Mogherini che il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. L’Ue ha quindi dato ampio appoggio all’azione italiana. Al tempo stesso però, il suo ruolo appare comunque relegato ai margini rispetto a quello assunto da altri attori internazionali.”



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