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Libia, dalla guerra infinita alla concreta chance di pace di Palermo

Come l’antica panhormus fenicia e greca, città tutto porto, Palermo è pronta ad assumere il ruolo di porto d’arrivo e di partenza per la pace in Libia. Nonostante le tensioni di bilancio tra Italia ed Europa, il braccio di ferro internazionale fra Usa, Russia e Cina e il vulcano medio orientale, la conferenza del 12 e 13 novembre sta comunque lievitando e prevede un livello di interventi di primo piano.

Assieme al leader libico Fayez al-Serraj, al generale Haftar e ad Aguilah Saleh, il presidente del Parlamento libico con sede a Tobruk, hanno assicurato la loro presenza il Premier Russo Medeved, gli Stati Uniti, forse con lo stesso Segretario di Stato Mike Pompeo, la cancelliera tedesca Merkel, il rappresentante speciale Onu per il Paese del Nord Africa Ghassan Salamé, delegazioni di alto livello di Gran Bretagna, Francia e Spagna, i vertici dell’Unione Africana e il presidente egiziano al-Sīsī.

“La conferenza di Palermo sulla Libia rappresenta la prima efficace iniziativa del nostro Paese – dopo molto tempo – nel nord Africa” sottolinea l’analista di strategie internazionali Arduino Paniccia, presidente della Scuola di competizione economica Internazionale e docente all’Università di Trieste.

Direttrici di intervento dell’Italia?

È stata tracciata una strategia a tre cerchi concentrici che attraverso il perseguimento di un prioritario obiettivo, prevede di raggiungere non solo una soluzione duratura per il devastato e frantumato Paese africano, ma l’avvio di uno sforzo europeo realmente comune, nell’ambito del quale l’Italia sarà capofila e responsabile dell’area libica.

In che modo e con quali alleanze?

Con l’appoggio e il coinvolgimento di Stati Uniti e Russia che nonostante i venti di una nuova guerra fredda concordano con la mediazione italiana in Libia per scongiurare il latente conflitto che sta destabilizzando da tempo il Mediterraneo. E che non riguarda soltanto il destino di una Libia ormai allo stremo, ma soprattutto la punta dell’iceberg del terrorismo islamico in Africa. Libia dalla guerra infinita alla concreta chance di pace di Palermo.

Italia first nel Maghreb?

Sì. È un progetto molto ambizioso e audace che tuttavia è finalmente all’altezza dei compiti che aspettano il nostro Paese, l’unico realmente in grado, nonostante gli atteggiamenti sprezzanti della Francia, di poter portare a compimento con la Conferenza di Palermo tutti questi obiettivi che non sono solo una vetrina diplomatica, una passerella di grandi leader, ma una svolta essenziale per la stabilizzazione della Libia e del nord Africa.

Ruolo dell’Italia e dell’Europa?

L’Italia è stretta tra il vuoto conflittuale venutosi a creare nel mare nostrum e una Unione europea tesa soprattutto a mantenere i privilegi e il benessere acquisiti. Ma in definitiva l’Europa non potrà ignorare a lungo che il futuro della sponda africana e di quel continente è il futuro economico della stessa Europa. A partire dal drammatico problema dell’immigrazione che senza la rinascita della Libia non sarà risolto.

Conseguenze?

Se l’Europa non interviene in Libia accanto all’Italia si ritroverà un’Africa neo colonizzata da cinesi e russi, come per altro sta indistintamente accadendo nell’altra area strategica, adriatico-mediterranea, ovvero i Balcani, dimenticata da Bruxelles.

Che valenza ha la partecipazione di Angela Merkel alla Conferenza di Palermo?

Segna una presa di distanza, l’avvio di una posizione autonoma rispetto la linea oltranzista e personalistica di Macron in Libia che non ha portato nessun reale risultato per la Francia. La presenza della cancelliera Merkel ha una rilevanza internazionale: catalizza l’attenzione di diversi altri Paesi europei e isola di fatto la politica francese in Libia, permettendo al generale Haftar – la cui presenza a Palermo è essenziale – e quindi al suo stretto alleato egiziano al-Sīsī di partecipare a pieno titolo senza veti, minacce e pressioni da parte di Parigi.



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