Andare in pensione prima ma con meno soldi in tasca. A qualcuno piacerà, a qualcun altro no. Di sicuro questo pomeriggio l’Ufficio parlamentare di Bilancio ha fatto due conti sulla cosiddetta quota 100, l’escamotage sulle pensioni per chi vuole abbandonare il lavoro prima della scadenza naturale, fino a 62 anni di età e con 38 anni di contributi. I tecnici dell’Upb coordinati dal presidente Giuseppe Pisauro hanno depositato in commissione Bilancio una relazione sulla manovra, nell’ambito del ciclo di audizioni sulla ex finanziaria al centro del braccio di ferro tra Italia ed Europa. La conclusione è sorprendente.
Il calcolo è questo. Chi optasse per quota 100 e dunque decidesse di andare in pensione nella prima finestra utile (primavera 2019?) subirebbe una riduzione della pensione lorda rispetto a quella maturata con l’attuale assetto dal 5 al 30% a seconda che l’anticipo sia di uno o oltre 4 anni. Insomma, non solo l’assalto alla legge Fornero costerebbe di più all’Inps che dovrebbe erogare migliaia di pensioni anzitempo, ma potrebbe rivelarsi un boomerang per chi decide di anticipare la pensione: meno contributi versati uguale assegno più leggero.
Un progetto, quello della quota 100, che potrebbe potenzialmente riguardare nel 2019 fino a 437 mila contribuenti attivi. Il che vorrebbe dire nei fatti raddoppiare l’entità del costo della misura voluta fortemente dalla Lega, fissandola a 13 miliardi di euro a fronte dei 7 miliardi stanziati nella manovra. “Qualora l’intera platea utilizzasse il canale di uscita appena soddisfatti i requisiti (della quota 100, ndr) potrebbe comportare un aumento della spesa pensionistica lorda stimabile in quasi 13 miliardi nel 2019 e sostanzialmente stabile negli anni successivi”, ha detto il presidente Pisauro.
Una stima, spiega infatti l’Upb, “non direttamente confrontabile con le risorse stanziate nel fondo per la revisione del sistema pensionistico per vari fattori: dal tasso di sostituzione dei potenziali pensionati con nuovi lavoratori attivi a valutazioni di carattere soggettivo (condizione di salute o penosità del lavoro) o oggettivo (tasso di sostituzione tra reddito e pensione, divieto di cumulo tra pensione e altri redditi, altre forme di penalizzazione)”.
Formiche.net ha chiesto un parere all’economista ed esperta di pensioni Fiorella Kostoris, secondo la quale “certamente con meno anni di contribuzione si ha diritto a una pensione più leggera. Se per esempio invece di andare in pensione a 70 anni vado in pensione a 62 ho otto anni di contribuzione in meno e il mio assegno potrebbe subire una riduzione fino al 20%. Non dico un 30 ma un 20 sì”. Kostoris però non è certa che alla fine le cose vadano proprio così. Perché “io non credo che Salvini, il primo promotore della revisione della Fornero, possa accettare che ci va in pensione prima riceva anche meno. Egli ha sempre sostenuto ‘si va in pensione prima ma senza rimetterci’ in termini di assegno. Dunque userei una certa cautela prima di dire che effettivamente andrà così. Certamente il calcolo dell’Upb mette in evidenza un potenziale rischio”.