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Non chiamatela ecotassa. La manovra e la transizione energetica spiegate da Crippa (M5S)

È una vigilia di Natale di alti e bassi per il Mise di Luigi Di Maio. Tra accordi commerciali di tutto rilievo (anche geopolitico) come quello da 2,7 miliardi sul gas naturale firmato fra la russa Novatek e le controparti italiane per il progetto Arctic Lng2 e gli scioperi per la vertenza Bombardier, si è aperto in dirittura d’arrivo del 2018 un nuovo campo minato: la transizione energetica. L’ecotassa sulle auto inserita in manovra ha creato dissapori interni alla coalizione e ha mandato su tutte le furie le associazioni di settore. Il passo indietro sull’emendamento del governo, che ha esentato (quasi) tutte le utilitarie, non è bastato a calmare le acque. “Il tetto di 160 g/km di CO2 non è limitante se confrontato alle previsioni del trilogo europeo” spiega ai microfoni di Formiche.net Davide Crippa, sottosegretario al Mise in quota Cinque Stelle con delega all’energia. Il pentastellato parla a margine di un convegno sul tema dei Ppa (Power purchase agreement), i contratti di acquisto da fonti rinnovabili a mercato nel lungo periodo, organizzato dal ministero alla Camera assieme ai grandi player del settore energetico: “È una soluzione reale per le Pmi italiane, il pubblico può aiutare a sdoganarla”.

Sull’ecotassa c’è stato un passo indietro del governo. Le associazioni di categoria dell’automotive rimangono però sul piede di guerra perché questa misura colpirebbe anche le utilitarie e i veicoli commerciali.

Premetto che per me è sbagliato chiamarla ecotassa. Sopra i 160 g/km di CO2 non sono convinto che parliamo ancora di utilitarie. Le autovetture comprese appartengono solo a precise fasce di alcune motorizzazioni. Se uno sceglie una di queste autovetture può optare per una motorizzazione diversa senza dover pagare alcuna penalità. Le conclusioni del trilogo europeo sulle emissioni parlano chiaro: per il prossimo anno avremo uno scenario che ci imporrà di non produrre in media più di 95 g/km di CO2, il tetto di 160 non mi sembra oggi così limitante.

Resta il dato politico. C’è una tassa in più, che non era prevista nel contratto…

Non è una tassa che aggiungiamo. Entra in azione sulla base della libera scelta di una persona che decide di acquistare un’autovettura più inquinante e se ne assume le responsabilità pagando un ulteriore contributo. Peraltro chiunque compri un’auto compresa nella fascia fra 70 e 160 non godrà di alcun bonus ma non pagherà nessun malus, parliamo di una platea infinita di auto.

Veniamo a un altro dossier scottante del Mise. Il decreto Fer 1 ha escluso dagli incentivi per le rinnovabili il settore della geotermia. In Toscana i sindacati sono scesi in piazza e hanno parlato di più di 3mila posti di lavoro a rischio.

Le proteste mi sembrano assolutamente ingiustificate, non c’è nessun posto a rischio nel passaggio da un sistema incentivante all’altro perché non finiscono gli incentivi su alcun tipo di impianto. Ci sono progetti in essere di revamping e nuove autorizzazioni.

Lo includerete nel decreto Fer 2?

Il settore della geotermia è incluso. È evidente che bisogna fare un discorso di miglioramento della qualità ambientale, abbiamo cercato di spostarlo nell’innovazione perché vorremmo inserire meccanismi di premialità sui sistemi di abbattimento della CO2, sul recupero della CO2 a fini alimentari e di sfruttamento del calore totale.

Uno strumento che si fa strada nel mercato europeo sono i Ppa. È una soluzione che convince il Mise?

Lo sguardo del Mise è quello di permettere al Ppa di diventare uno strumento credibile e qualificante dei soggetti che ne fanno parte. Da parte sua la Pubblica amministrazione può aiutare a sdoganare questo strumento, a far capire che si tratta di una soluzione reale che le imprese, soprattutto le Pmi, potranno usare per avere un prezzo dell’energia garantito e costante nel tempo.

Che esigenze vi ha manifestato il settore privato a riguardo?

Da sempre le imprese che formano la domanda energetica del Paese manifestano l’esigenza di una garanzia di prezzo costante. Sceglieremo tutti insieme quali strumenti mettere in campo. Non credo oggi sia fattibile una garanzia di prezzo pubblica, il settore pubblico semmai potrà far uso di questi contratti anche per aumentare la consapevolezza sul tema.

Prima di introdurre questi strumenti nel mercato è necessario un intervento del regolatore?

Vorrei evitare un’invasione di campo, il regolatore fa quello che ritiene giusto. Il nostro compito è capire quali strumenti legislativi mettere in campo per limare alcuni aspetti dei Ppa che possono essere cambiati, dobbiamo valutare la possibilità di avere due fornitori legati a un unico Pod (Punto di prelievo, ndr), decidere se debbano essere virtuali o reali. Sono temi che vanno discussi con le imprese per capire da una parte se loro hanno una vera esigenza di soddisfare una domanda con più fornitori di energia e dall’altra se procedere in maniera virtuale o fisica.

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