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La sconfitta dell’Isis passa anche dai militari italiani. Parola di Elisabetta Trenta

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Lo Stato islamico è stato sconfitto sul campo, anche grazie al contributo dei militari italiani impegnati tra Iraq e Kuwait. La lotta al terrorismo però non finisce. Adesso occorre consolidare i progressi ottenuti e adattare la strategia all’evoluzione della minaccia. È il punto del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, intervenuto in Canada alla riunione ristretta dei 13 Paesi che contribuiscono maggiormente alla coalizione globale anti-Isis.

LA COALIZIONE E IL RUOLO DELL’ITALIA

Composta da 79 partner (tra cui quattro organismi internazionali, compresa la Nato) la coalizione è impegnata dal 2014 a contrastare il sedicente Stato islamico in Siria e Iraq. Vi prende parte anche l’Italia con l’operazione Prima Parthica, a cui partecipano attualmente circa 1.400 militari, con la previsione già annunciata di ridurre di almeno 50 unità entro la fine dell’anno. Quattro gli obiettivi dello sforzo nazionale: contributo agli staff della coalizione; attività di rifornimento in volo; ricognizione e sorveglianza tramite velivoli a pilotaggio remoto; addestramento delle forze curde e irachene; e protezione della diga di Mosul. Proprio quest’ultima assisterà per prima al rientro dei militari italiani, essendo venuta meno l’esigenza all’origine dell’impegno. Nei primi tre mesi del prossimo anno, ha ribadito da Baghdad la Trenta a fine ottobre, incontrando anche il premier iracheno Adel Abdul Mahdi, rientreranno tutti i soldati che si trovano a Mosul. D’altra parte, anche grazie all’impegno italiano, ha rimarcato dal Canada il ministro, la coalizione “ha ottenuto il grande successo di sconfiggere militarmente l’Isis in Siria e in Iraq”.

COSA RESTA DA FARE

Eppure, non tutto è compiuto. Il terrorismo non è sparito, né lo ha fatto l’ambizione statuale che l’Isis ha attribuito al jihadismo radicale. “Oggi – ha spiegato Elisabetta Trenta – in Siria, ci sono ancora aree da liberare mentre in Iraq, dove c’è anche un nuovo governo, stiamo passando ad una fase di stabilizzazione”. Ed è proprio il nuovo esecutivo di Baghdad a chiedere ai partner internazionali di non abbandonare il Paese. “La stabilità dell’Iraq è cruciale”, aveva detto a Roma, durante il forum Med 2018 organizzato da Ispi e Farnesina il ministro degli Esteri iracheno Mohamed Ali Alhakim, intervenendo proprio al fianco della titolare di palazzo Baracchini. Insomma, non si può abbassare la guardia (questo il messaggio arrivato anche dal convegno organizzato alla Camera dalla Fondazione De Gasperi). D’altra parte, ha spiegato in Canada la Trenta, “’Isis è quasi sconfitto militarmente ma si sta adattando e la sua minaccia non è finita”.

ADATTARSI ALL’EVOLUZIONE DELLA MINACCIA

Da tale consapevolezza parte un’altra fase di contrasto allo Stato islamico, che ha già dimostrato di riuscire ad adattarsi a diversi contesti, spostandosi in altri teatri o diffondendo propaganda e radicalizzazione in Occidente. “Di fronte al cambiamento della minaccia – ha detto il ministro Trenta nel suo intervento canadese – occorre adattare l’attività della coalizione, in particolare con l’obiettivo di consolidare i progressi preservandone la coesione”. Un obiettivo ambizioso, considerando la presenza di tanti Stati, spesso competitor divergenti su molteplici dossier (si pensi solo a Stati Uniti e Russia, ma anche a Qatar e Arabia Saudita).

UNA PRIORITÀ

Ciò nonostante, ha rimarcato la Trenta, “occorre non disperdere le best practice che abbiamo sviluppato sin ora: mantenere un approccio inter-agenzia, massimizzare lo scambio di informazioni e intelligence e sfruttare al massimo le consultazioni tra Paesi a livello politico-militare, per adattare la postura e la strategia della coalizione al cambiamento della minaccia”. Difatti, “la lotta al terrorismo resta una priorità assoluta”. Per questo, ha detto concludendo il ministro della Difesa, “continueremo a lavorare, giorno dopo giorno, per la sicurezza collettiva e del nostro Paese”.

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