Non solo gas. Israele si candida a nuovo leader del Mediterraneo, partendo dal gasdotto Eastmed e passando dai nodi “mediorientali” come Siria e Iran: la posa delle firme sull’accordo del gasdotto da 7 miliardi si sposa con le nuove dinamiche che investono il ruolo di Mosca e le scelte della Casa Bianca sulle strategie verso Teheran.
Tel Aviv con giordani e sauditi preme sull’acceleratore. E il vettore del gas sarà la conferma che si apre una stagione nuova.
GAS
Benjamin Netanyahu si intesta la nuova leadership mediterranea: la conferma giunge dopo il quinto summit israelo-cipriota-ellenico sul gas di Beersheba. Israele sarà capofila dell’Eastmed le cui firme arriveranno a inizio 2019. Non solo record dei costi (7 miluardi di dollari) e di lunghezza (1500 chilometri netti più altri 500 di variabili e deviazioni) ma la consapevolezza che il triumvirato Israele-Grecia-Cipro ha la benedizione Usa, presente nelle acque in questione con svariati mezzi militari che supervisioneranno lavori e indagini.
Sette anni la durata dei lavori, con l’obiettivo di rimodellare la macroregione e intaccare il dominio della Russia sul mercato europeo dell’energia ma anche utile a limitare le ambizioni iraniane di usare la Siria come porta d’accesso al Mediterraneo orientale.
SUMMIT
Mentre fino a ieri la maggior parte del gas israeliano era destinato al mercato interno, da domani Tel Aviv scommette su un altro fronte: e ha firmato accordi di esportazione con l’Egitto e la Giordania e adesso ha in programma di ampliare il proprio raggio d’azione con direzione Ue. È la ragione per cui il peso specifico del gasdotto aumenta esponenzialmente dal dato iniziale di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso la Grecia, da dove si collegherà al gasdotto Poseidon di 300 km verso l’Italia.
In tutto poco meno di duemila chilometri di tubi come emerso dal summit di Beersheba, a cui hanno preso parte il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente della Repubblica di Cipro, Nicos Anastasiades e il primo ministro greco Alexis Tsipras.
È il quinto meeting fra i tre, a sigillare una partnership che va oltre partiti e cancellerie: i tre paesi infatti hanno dato vita a sinergie diversificate che sono destinate a durare negli anni (nel 2019 si vota in Grecia dove è favorito il leader dei conservatori Mytsotakis).
VOX
Secondo Anastasiades il dossier energetico racchiude al suo interno una “componente chiave della nostra cooperazione”. Netanyahu ha sottolineato che EastMed è “un gasdotto per la prosperità”, in grado di aprire “nuove opportunità energetiche per l’Europa, è importante per la sicurezza dell’Europa, è importante per le nostre rispettive economie ed è importante per l’ancoraggio di ulteriori cooperazioni regionali”.
L’ambasciatore statunitense in Israele David Friedman ha firmato il sostegno di Washington, aggiungendo che sarà fondamentale per la stabilità regionale. Netanyahu ha detto che i vertici trilaterali, iniziati nel 2016, hanno segnato una crescente cooperazione tra i tre stati. “Le nostre amicizie personali si rafforzano man mano che i nostri accordi crescono sempre più a lungo e in modo più dettagliato”.
E ha aggiunto: “Abbiamo riaffermato il nostro impegno per il gasdotto EastMed, e abbiamo discusso aspetti importanti del progetto”, che attende adesso anche il nulla osta (scontato) da parte della Commissione europea, dal momento che Bruxelles auspica la diversificazione dell’approvvigionamento energetico da parte dell’Ue.
SCENARI
Ma dietro il gas c’è dell’altro. Tel Aviv intende utilizzare la sua nuova leadership energetica per attutire le decisioni del presidente Donald Trump di ritirare le truppe americane dalla Siria. Un ministro anziano di Tel Aviv lo ha definito “un brutto passo diplomatico”. Aggiungendo, out of records, che la mossa non serve gli interessi di Israele, danneggia i curdi, rafforza così Erdoğan e darà all’Iran ulteriori vie attraverso le quali inviare armi alla Siria.
È la ragione per cui la volatilità della situazione balcanica (con in primo piano le frizioni tra Serbia e Kosovo) portano in grembo il doppio passo di Washington in Grecia, Cipro e Siria. Il Pentagono sta puntando su Nicosia e Atene, sia con una nuova politica logistica-militare di mezzi e uomini sia con interlocuzioni che, da politiche, si fanno anche commerciali.
La partnership legata alle super petroliere tra il Segretario al commercio Usa Ross e l’armatore greco Marinakis lo conferma, ma anche l’attivismo dell’ambasciatore americano ad Atene Jeoffrey Pyatt.
Il rilancio del dialogo strategico ellino-americano poggia sulla consapevolezza che la Grecia è centro di stabilità macroregionale (tanto a sud quanto a nord) anche in chiave allargamento della Nato. Sul punto si registra la visita di Netanyahu a Varna, in Bulgaria, alcune settimane fa, come ospite d’onore al vertice del gruppo Craiova, un meeting di leader greci, bulgari, serbi e rumeni.
Tel Aviv immagina così una nuova strategia avvolgente che parte dal Mediterraneo orientale per giungere sino alla punta settentrionale dei Balcani. Con il gas a fungere da magico collante.
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