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La ricetta di Giulia Bongiorno per una Pubblica amministrazione integrata e connessa

Le nuove frontiere dell’analisi e dell’utilizzo efficace dei dati e le opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica aprono nuovi scenari nell’elaborazione delle politiche pubbliche, migliorando l’efficacia dei processi decisionali e l’efficienza dei servizi offerti a cittadini e imprese. I dati gestiti dalla Pubblica amministrazione possono essere considerati big data per definizione, dal punto di vista sia della quantità sia della varietà, essendo le amministrazioni tra i principali generatori e collettori di informazioni, anche non strutturate.

Bisogna tuttavia distinguere tra accesso ai dati e capacità di sfruttamento delle informazioni. La disponibilità di numerose fonti informative rende infatti apparentemente più fruibile l’informazione, ma l’immensa mole di dati disponibili, se non adeguatamente governata, può tradursi in una riduzione di conoscenza effettiva. È necessario quindi che l’informazione assuma un valore, attraverso chiavi interpretative che consentano di correlare le informazioni e di riorganizzarle dominandone la complessità.

La parola-chiave nel settore pubblico è “integrazione”. Grazie all’ampiezza dei dataset disponibili, l’integrazione delle informazioni consente di generare conoscenza e capacità predittiva, analizzando ricorrenze, pattern, correlazioni nei dati ed estraendone valore. Ciò significa, ad esempio, disporre di strumenti che consentono l’analisi di macro-tendenze di rilevante valenza strategica e socio-politica, l’individuazione di profili comportamentali, la valutazione di situazioni di rischio, tenendo presenti nel contempo tutti gli aspetti connessi alla sicurezza informatica, alla tutela della privacy, all’accessibilità dei dati e alla loro conservazione nel tempo.

Il tema dei big data nell’ambito della Pubblica amministrazione non può prescindere dal legame con quello degli open data: i dati dell’amministrazione devono essere “aperti” e “leggibili” da parte di cittadini e imprese. Rendere pubbliche le informazioni non è sufficiente: fornire troppi dati, disomogenei e dispersi, significa – di fatto – non averne reso pubblico nessuno.

Le tecnologie per l’analisi dei big data consentono di mitigare queste distorsioni e favoriscono la trasparenza delle amministrazioni. L’articolo 50-ter del Codice dell’Amministrazione digitale prevede la costituzione della Piattaforma digitale nazionale dati, proprio al fine di valorizzare il patrimonio informativo pubblico nazionale, di abbattere le barriere esistenti nell’interscambio dei dati pubblici tra amministrazioni promuovendone l’utilizzo a supporto del decision making pubblico, di ottimizzare i processi di analisi dati e generazione di conoscenza, di standardizzare e promuovere la diffusione degli open data, di promuovere e sostenere iniziative di ricerca scientifica.

La Piattaforma consentirà alle singole amministrazioni di disporre di un sistema di gestione di big data e strumenti di analisi e utilizzo dei dati in modalità cloud, senza necessità di dotarsi di sistemi di elaborazione e software ad hoc, con innegabili risparmi di spesa e, al contempo, incremento della qualità (anche in termini di efficacia ed efficienza) dei servizi erogati.

È inoltre necessario riflettere sulla capacità di analisi dei dati. Per governare il mondo dei big data si può agire sfruttando strumenti informatici di intelligenza artificiale, in grado di processare in maniera automatica una grande mole di dati e di agire in maniera esperta sulle informazioni, replicando i processi cognitivi umani. Allo stesso tempo, partendo dal principio che senza un’adeguata competenza, l’innovazione non produce risultati efficaci, è indispensabile rafforzare le competenze tecnologiche e di data management nel settore pubblico.

La sfida è infatti culturale: si tratta di comporre una strategia complessiva sui dati, che consideri la complessità e la diversità come ricchezze. Bisogna, in definitiva, che la Pubblica amministrazione sia integrata e connessa, che consideri dati e conoscenza come base per i propri processi e le proprie politiche e che sia in grado di affiancare all’innovazione tecnologica un modello organizzativo capace di governare il cambiamento.

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