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Gli effetti (geopolitici) dell’addio del Qatar all’Opec. L’analisi di Tabarelli (Nomisma Energia)

nato putin mosca

Il Qatar lascia l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec). Il ministro per l’Energia di Doha, Saad al-Kaabi, ha confermato che dal 1° gennaio del 2019 il Paese abbandonerà l’organizzazione internazionale perché vuole concentrarsi su una nuova strategia per lo sviluppo della politica energetica. La notizia, che arriva a pochi giorni dal meeting annuale dell’Opec a Vienna, ha provocato un rimbalzo sostenuto per i prezzi del greggio. Russia e Arabia Saudita hanno confermato l’estensione, fino al 2019, del loro accordo sulla gestione del mercato petrolifero.

In una conversazione con Formiche.net, Davide Tabarelli, presidente e fondatore di NE-Nomisma Energia, società di ricerca sull’energia e l’ambiente, spiega gli effetti globali della decisione del Qatar e prevede qualche reazione sul prezzo del petrolio.

Il Qatar abbandona l’Opec. Ufficialmente per motivi strategici, per dedicarsi alla produzione di gas, e non per scontri politici con i suoi vicini, anche loro membri dell’organizzazione. Secondo lei, cosa c’è dietro questo addio? E pensa che possa scatenare altre decisioni simili?

È un ulteriore passo della crisi scatenatasi ad inizio giungo 2017, quando il principe saudita, il trentatreenne Mohamed bin Salman, ha deciso di isolare il Qatar, per la sua vicinanza all’Iran, non solo fisica, per il sostegno ai Fratelli Musulmani per la presenza della televisione Al Jazeera.

Quali saranno gli effetti sul mercato petrolifero dell’uscita del Qatar dall’Opec?

Il Qatar con 0,6 milioni barili giorno conta per solo il 2% della produzione complessiva del cartello, non è un importante ammanco fisico. Più importante è il significato politico. Il Qatar fu il primo paese nel 1961 ad unirsi all’Opec, fondato da altri 5 paesi: Arabia Saudita, Iran, Iraq, Venezuela e Kuwait. Il Qatar era membro, fino a giugno 2017, del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Persico), un organismo fino ad allora molto unito e che aveva sempre rafforzato le politiche Opec. L’uscita del Qatar ha ufficializzato un po’ quanto già accaduto nell’ultimo anno e indebolisce l’Opec, in un momento di forte difficoltà per i sauditi.

Che cosa pensa che si deciderà – o si discuterà – al vertice di Vienna? Nuovi tagli?

Come spesso accade si arriverà con un accordo già fatto, disegnato lo scorso fine settimana in Argentina dal principe saudita con Putin. Si tornerà ai livelli produttivi fissati a fine 2016 e validi dal primo gennaio 2017 che prevedevano un tetto di 32,1 per l’Opec e 19 per gli 11 non Opec guidati dalla Russia. Basterà che si rispetti maggiormente questo tetto e i prezzi si riprenderanno. È importante anche che l’Iran resti dentro e non esca, nonostante le sanzioni. Fra qualche anno si ristabiliranno le relazioni più normali con i sauditi e allora i prezzi torneranno a salire.

Cosa prevede sulla posizione della Russia?

La Russia è la grande novità degli ultimi due anni sul mercato con una volontà di aiutare che in passato non si è vista. Pertanto ridurrà, anche se di poco, la sua produzione, ma in linea con gli impegni.

E il Venezuela? Con Maduro che ieri sera è volato a Mosca per incontrare l’alleato russo e svolgere una “necessaria e molto importante riunione”…

Il Venezuela è sull’orlo del collasso e la sua produzione a 1,2 milioni barili giorno, meno della metà di quello che è stata in passato. Nessuna ripresa in vista della produzione venezuelana.



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