Il riciclo dei rifiuti si conferma come una eccellenza italiana e anche nel 2017 presenta dati in crescita in tutti i settori, in quelli tradizionali come carta, vetro, plastica, legno, acciaio, ma anche per quanto riguarda oli minerali e vegetali, da costruzione e da demolizione: un’industria che vale ormai un punto percentuale del Pil nazionale. Lo rivela lo studio annuale “L’Italia del riciclo”, presentato oggi a Roma e realizzato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile e da Fise-Unicircular, l’Unione delle imprese dell’economia circolare.
È cresciuta la raccolta differenziata, che ha superato il 55% e il riciclo dei rifiuti urbani, arrivato al 44%. Un caso a parte di eccellenza tutta italiana riguarda il riciclo dei rifiuti di imballaggio che ha confermato la propria costante crescita (8,8 milioni di tonnellate, + 3,7% rispetto al 2016), raggiungendo il 67,5% dell’immesso al consumo, superando prima del tempo l’obiettivo del 65% che la nuova direttiva indica al 2025. In crescita, di conseguenza, il riciclo di tutte le filiere degli imballaggi: carta +3,6%; plastica +5,1%; vetro +4,8%; legno +3,4%; acciaio +0,3%. È aumentato il tasso di riciclo degli oli minerali usati, che ha raggiunto il 45% dell’immesso al consumo ed è cresciuta anche la raccolta degli oli vegetali esausti (+8%) che ha toccato le 70 mila tonnellate. In crescita anche il riciclo dei rifiuti da demolizione e da costruzione che ha raggiunto il 76%.
“Il riciclo in Italia si attesta su buoni livelli ed è in continua crescita – ha affermato il presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile Edo Ronchi – Il recepimento del nuovo pacchetto si direttive europee sull’economia circolare va attuato con la massima cura, coinvolgendo i soggetti interessati, evitando errori normativi che potrebbero causare difficoltà e battute d’arresto. Le situazioni di crisi, dagli incendi di alcuni impianti a carenze e inefficienze nelle gestioni, che coinvolgono ancora realtà significative, a partire da Roma, possono essere affrontate facendo tesoro delle buone esperienze ormai numerose in Italia”.
Per quanto riguarda l’importazione e l’esportazione dei rifiuti, si registra una contrazione rispetto agli anni precedenti. Sono entrati nel nostro Paese circa 5,7 milioni di tonnellate di rifiuti, in particolare metalli ferrosi utilizzati nell’industria manifatturiera; e sono stati esportati 3 milioni e mezzo di rifiuti, soprattutto pericolosi, per i quali non esistono impianti adeguati sul territorio nazionale. L’import si dirige principalmente verso le Regioni del Nord, dove più significativa è la presenza di impianti di riciclo. Guida la classifica la Lombardia seguita da Emilia Romagna, Veneto, Piemonte Fiuli Venezia Giulia e Toscana.
Le nuove direttive europee sull’economia circolare, in fase di recepimento nell’ordinamento nazionale, pongono nuovi e più avanzati obiettivi di riciclo dei rifiuti, che rappresentano certamente un’occasione positiva per il settore, “che il nostro Paese deve cogliere” come ha ribadito Andrea Fluttero, presidente di Fise-Unicircular, “per affrontare la sfida delle transizione da un’economia lineare a un sistema compiuto di economia circolare. Il cambiamento del modello economico parte dalle solide basi dell’industria del riciclo, ma è necessario che tutta la catena sia coinvolta: dai produttori, alla distribuzione, ai consumatori”.pi
Ma sulle imprese del riciclo sta per abbattersi un macigno grosso come una casa e riguarda “i ritardi e le modalità inadeguate nell’affrontare la questione normativa della cessazione della qualità di rifiuto (End of Waste)”. Un emendamento, stralciato la scorsa settimana dal decreto Semplificazioni, e riproposto nella Legge di Bilancio, in discussione al Senato, stabilisce che le autorizzazioni agli impianti non potranno essere più rilasciate da Regioni e Province, in attesa dell’emanazione, da parte del ministero dell’Ambiente, dei decreti End of Waste. Se approvata, la norma, a detta di tutti, imprenditori ed associazioni ambientaliste, avrebbe “un effetto devastante” per le molte imprese che stanno affrontando la sfida della transizione verso l’economia circolare, perché, “invece di incentivare il riciclo rischia di aumentare il flusso in discarica e negli inceneritori”.