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Happy shutdown! Il braccio di ferro fra Trump e i dem continua nel 2019

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Anno nuovo, nuovo shutdown. Quasi a onorare una tradizione, l’amministrazione Trump si appresta ad entrare nel 2019 con un governo federale a corto di fondi, ancora una volta. Fatti salvi i servizi essenziali (come i programmi di assistenza sanitaria Medicaid e Medicare), la pubblica amministrazione Usa dovrà portare avanti le sue attività senza pagare stipendi, mettendo a “riposo forzato” i suoi dipendenti. Tribunali, musei, parchi nazionali, centri di ricerca, perfino il Congresso e la Casa Bianca non potranno operare a pieno regime. Anche se parziale (come ha qui ricordato Emanuele Rossi, riguarda circa il 25% delle attività federali) lo shutdown rischia di creare danni irreversibili a tutti i dipendenti a contratto del governo federale. Dei 380.000 lavoratori lasciati a casa, sono in molti quelli che temono di non essere richiamati una volta sbloccate le casse del governo. Diverse posizioni nella pa americana richiedono infatti garanzie economiche che potrebbero venir meno per i dipendenti che non riuscissero più a pagare il mutuo o dovessero indebitarsi.

Il braccio di ferro politico fra il presidente Donald Trump e i democratici non accenna a fermarsi. È il partito dell’asinello ad avere il manico del coltello dalla sua parte. Il 3 gennaio ci sarà il turn-over del Congresso in seguito alle midterms, e i dem otterranno la maggioranza della Camera. La futura speaker democratica Nancy Pelosi ha compattato le truppe del partito rifiutando all’unisono i 5 miliardi di dollari richiesti da Trump per il muro al confine con il Messico. Se i repubblicani non sbloccheranno l’impasse al Senato entro il 31, la palla passerà ai dem che a inizio anno, appena subentrati, potrebbero far passare alla Camera un decreto che riapra i rubinetti del governo, almeno fino a febbraio. La battaglia di Pelosi e del leader dei dem al Senato Chuck Schumer è anzitutto una battaglia di immagine. Lo stallo deve passare a tutti i costi come un “Trump shutdown”. Obiettivo raggiunto, o così pare. Secondo un sondaggio Reuters/Ipsos il 47% degli americani vede in Trump il responsabile dello shutdown, il 33% accusa i democratici e solo il 7% i repubblicani. Non aiutano le dichiarazioni dello stesso Trump, che solo due settimane si assumeva le responsabilità dell’impasse e oggi invece punta il dito contro i dem.

I più stretti collaboratori del presidente, a cominciare dal futuro capo dello staff Mick Mulvaney, parlano di un Trump asserragliato nello Studio Ovale da Natale (l’unico break è stato il viaggio a sorpresa in Iraq con Melania), intento a seguire minuto per minuto la trattativa con i dem per il finanziamento del muro. Su twitter il tycoon ha lanciato un ultimatum: “Saremo forzati a chiudere del tutto il confine Sud se i democratici ostruzionisti non ci daranno i fondi per finire il muro e cambiare le ridicoli leggi sull’immigrazionie […]”.

 

Per il momento i repubblicani non intendono cedere e seguono le istruzioni di Pennsylvania Avenue. In un incontro privato fra il vicepresidente Mike Pence e Chuck Schumer, riporta Cnn, la Casa Bianca avrebbe fatto un ultimo tentativo chiedendo 2,5 miliardi di dollari per il muro. Ancora una volta l’offerta è caduta nel vuoto.

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