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Tecnologia e scienza al servizio del marketing. Il neuromarketing

Nel 2002 nelle sale cinematografiche uscì “Minority Report” un film del celebre regista Steven Spielberg. Il film era ambientato nel 2054 e immaginava una società altamente digitalizzata e tecnologicamente avanzata. Dopo appena 16 anni, alcune di quelle visioni futuristiche sembrano già appartenere saldamente al presente. Le auto senza conducente che nel film sono praticamente la normalità, tanto che il protagonista fa quasi fatica quando è costretto a passare alla tradizionale “modalità manuale”, iniziano a popolare le nostre strade.

Dal 2014 Google prima e Tesla poi, seguiti da Uber, Apple ed altre case automobilistiche, hanno approntato progetti e costruito veicoli che, con diversi gradi di autonomia, sono in grado di guidare da soli. I computer nel film non hanno più tastiera e mouse: tutto viene comandato a gesti. Anche in questo caso in questi ultimi anni diverse aziende, da Microsoft ad Intel, hanno sviluppato interfacce multi-touch o strumenti che consentono il riconoscimento del corpo e dei suoi movimenti come il Kinect della console Xbox oppure la console concorrente Wii della Nintendo.

Ma una tecnologia in particolare è da segnalare per alcuni risvolti nel presente molto interessanti. Il protagonista del film sembra essere seguito nei suoi spostamenti nella città da annunci pubblicitari che lo chiamano per nome cercando di attirare la sua attenzione e per riconoscerlo utilizzano la scansione a distanza della retina. Ai giorni nostri chiunque navighi in rete conosce la pervasività dei cookies e la loro “potenza” nel tracciare le nostre abitudini e preferenze per restituirci banner pubblicitari o mail mirate su prodotti o servizi su misura per noi. Nel mondo non virtuale invece, in via sperimentale, Ibm e Nec o TruMedia Technologies stanno sviluppando cartelloni pubblicitari personalizzati: un software, attraverso una telecamera nascosta nel cartellone, è in grado di riconoscere sesso, età e colore della pelle tentando in questa maniera di indovinare i nostri gusti e modificando di conseguenza il contenuto pubblicitario.

Una volta ci si basava solo sulla ripetitività: la credenza era che uno spot ripetuto più volte si inculcava nella mente delle persone spingendole all’acquisto. Oggi, se si riesce a capire chi vede cosa, è possibile efficientare la ripetitività creando una pubblicità più aderente ai potenziali bisogni del cliente.

Ma cos’è che in realtà ci spinge all’acquisto? Quali sono quei processi inconsapevoli che avvengono nella mente del consumatore e che influiscono sulle decisioni di acquisto o sul coinvolgimento emotivo nei confronti di un brand? Chi riuscirà a capire ciò e a padroneggiarlo con le giuste tecniche potrebbe aumentare esponenzialmente l’efficacia di un messaggio pubblicitario e le vendite. Di questo si occupa il neuromarketing, disciplina abbastanza recente che sta ormai sempre di più attirando l’attenzione per le sue potenzialità. È un mix di tecnologia, marketing, sociologia e neurologia. Il tutto parte dall’assunto che il livello di informazioni che un essere umano può elaborare è estremamente più basso rispetto a quello a cui i nostri sensi sono esposti. E l’esperienza emotiva è una componente chiave che guida l’attenzione, la memoria e il cambiamento di abitudini che a loro volta influenzano le decisioni di acquisto. Questo vero e proprio bombardamento di informazioni ha il risultato di abbassare il nostro livello di attenzione, risorsa già di per sé scarsa e quindi preziosa, e la nostra capacità di concentrazione.

Molti fenomeni psicologici hanno controparti fisiologiche che possono essere misurate con attrezzature moderne. L’elettroencefalografia (Eeg) può tracciare con precisione i parametri rilevanti come attenzione, coinvolgimento emotivo, codifica della memoria o veglia millisecondo per millisecondo. Attraverso analisi scientifiche avanzate, l’Eeg può anche essere utilizzato per valutare l’impatto di marchi, concetti o prezzi sul cervello attraverso la risposta cerebrale immediata.

La risonanza magnetica funzionale, invece, è uno strumento utile per rilevare le regioni cerebrali attivate. Questa tecnologia è particolarmente utile per studiare le reazioni emotive che diverse pubblicità, design di prodotti, prezzi e altri materiali di marketing evocano. Alcune risonanze magnetiche funzionali riescono a individuare e catalogare diversi stati d’animo: aspettativa, fiducia, valore, coinvolgimento, familiarità, pericolo, disgusto, rabbia, paura, novità, attenzione, desiderio e lussuria.

Il tracciamento oculare, viene utilizzato per misurare e tracciare la direzione dello sguardo nel continuo: ciò che una persona guarda ci dice a cosa sono interessati e cosa attira la loro attenzione. Queste informazioni vengono quindi elaborate in modo da costruire scientificamente la parte visual dell’annuncio pubblicitario.
Infine, la combinazione delle diverse tecnologie consente studi ancora più approfonditi: combinando il tracciamento oculare con l’Eeg si riesce a capire non solo quello che attira l’attenzione del consumatore, ma anche ciò che accade nel cervello in quel preciso istante.

Altre tecnologie a disposizione ampliano il campo di analisi e potrebbero incrementare l’efficacia della pervasività promozionale: l’attività elettrodermica che misura la velocità del sudore, la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria, la dilatazione della pupilla, la temperatura della pelle, l’elettromiogramma che misura l’attività muscolare, ad esempio del viso.

Insomma, forse ci vorrà ancora molto tempo prima di vedere le pubblicità “inseguirci” per la città, ma siamo davvero sicuri che ciò che acquisteremo sarà realmente ciò che vogliamo?



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