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Perché il decreto su Carige era inevitabile. Il commento di Sforza Fogliani

Carige

Il polverone politico non deve andare a discapito della lucidità, anche nell’ammettere che il decreto appena approvato dal governo per mettere in sicurezza Carige, andava fatto. Almeno per chi il mondo delle banche lo vive ogni giorno, come Corrado Sforza Fogliani, banchiere piacentino e da anni alla guida delle banche popolari italiane. La gabbia costruita dal governo gialloverde intorno all’istituto genovese è sacrosanta, anche se parlare di nazionalizzazione è quanto meno prematuro (qui i dubbi espressi ieri da Marcello Messori in un’intervista a Formiche.net).

Premessa tecnica. Il decreto è strutturato in due tronconi: uno riguarda le garanzie di Stato, valore 3 miliardi di cui 1,3 solo per il 2019. L’altro la ben più delicata ricapitalizzazione precauzionale, che prevede la possibilità per il Tesoro di acquistare fino a un miliardo di nuove azioni Carige. In pratica, l’obiettivo dell’esecutivo, almeno stando ai contenuti del decreto, è quello di garantire Carige fino all’aumento da parte di vecchi o nuovi soci oppure alla fusione con un’altra banca. Solo in caso di doppio fallimento si andrebbe incontro alla nazionalizzazione, sempre che l’Europa sia d’accordo (sarebbe la seconda statalizzazione in due anni, visto che nel 2017 è toccato a Mps).

“Era inevitabile intervenire su Carige, perché stiamo parlando di un settore, quello bancario, che dire strategico è poco. Già per questo motivo il decreto non va criticato. Quando si decide di mettere in sicurezza parte di un sistema così importante, non è mai una pessima scelta”, spiega Sforza Fogliani. Il quale però sulla nazionalizzazione della banca esprime qualche perplessità. Il Movimento Cinque Stelle, tanto per rimanere nella cronaca stretta, è per un pronto ingresso dello Stato, anche se questo creerebbe non pochi problemi con la Bce. Ma c’è chi frena, come il governatore della Liguria, Giovanni Toti. Al netto dello Stato sì, Stato no, per Sforza Fogliani bisogna andarci piano.

“Francamente ho qualche dubbio, credo che nazionalizzare Carige possa essere un errore, temo il fatto di condurre una banca, che è pur sempre un’azienda privata, in modo statalista. Il rischio è che si finisca col spendere sempre più soldi del dovuto. Credo che lo Stato si dovrebbe limitare a proteggere Carige, come sta facendo e in questo senso mi sento di promuovere l’attuale composizione del decreto”. C’è però un’incognita, che si chiama vigilanza europea. “Se bisogna aspettarsi dei problemi. Io direi di tenerci pronti a tutto viste le innumerevoli e non sempre continue tra loro prese di posizione. Dalla Bce mi aspetto di tutto”.

Il banchiere piacentino chiarisce. “Quando si è trattato di giustificare l’operato del governo nella riforma delle popolari (che ha imposto la trasformazione in spa di dieci banche, ndr) non si è fatto granché al livello europeo per fermare il discredito verso quelle banche. Ma poi ci sono state altre stranezze. Per esempio, quando il Fondo interbancario voleva salvare le quattro banche (Etruria, Carichieti, Cariferrara e Banca Marche) si è gridato all’aiuto di Stato, anche se non lo era perché erano banche che salvavano banche dunque un affare tra privati. E invece quando lo Stato ha ricapitalizzato Mps, non si è parlato di aiuto di Stato. Qualcuno può spiegarmelo?”



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