Prosegue, anche nel Vecchio continente, la lotta alle fake news. E l’attenzione, in questo momento, è tutta rivolta alla protezione delle prossime elezioni europee del 26 maggio. In vista della tornata, la Commissione europea ha pubblicato nelle scorse ore le prime relazioni presentate dai firmatari (volontari) del Codice di condotta contro la disinformazione dell’ottobre 2018, tra i quali figurano colossi del calibro di Facebook Google, Mozilla e Twitter. I progressi, ci ha tenuto a rimarcare Berlaymont (del dossier si occupa anche il direttore generale della DG Connect della Commissione Ue, l’italiano Roberto Viola) sono evidenti. Tuttavia, in vista delle elezioni l’Unione chiede di intensificare ulteriormente gli sforzi, al fine di scongiurare episodi come quello, eclatante, che portò alla violazione di informazioni di milioni di utenti, e che coinvolse il social network di Menlo Park e la società di data mining Cambridge Analytica.
LE RICHIESTE A MENLO PARK
Nonostante i passi in avanti compiuti nell’ultimo mese, “è importante accelerare le misure”, ha detto la commissaria Ue al digitale Mariya Gabriel, reclamando in particolare da Facebook (ma non solo) di “espandere lo spettro” delle misure che richiedono trasparenza sulle campagne di pubblicità politica, allargandole anche a messaggi e comunicazioni “a fini politici”, ambito molto più opaco che trova terreno fertile proprio sui social (anche attraverso l’implementazione di nuovi strumenti di fact checking, rafforzando la cooperazione con la comunità di ricerca dell’Ue). Inoltre, ha sottolineato la Gabriel, “è ancora insufficiente” la diffusione dei nuovi strumenti di Facebook, in quanto questi sono disponibili finora “in solo 7-8 Stati membri”, mentre dovrebbero esserlo in tutti i 28. Per la commissaria è poi ancora “balbettante” l’accesso consentito ai ricercatori da parte del social di Mark Zuckerberg. Bruxelles ha quindi lanciato un appello anche ai brand commerciali che guadagnano soldi con il fenomeno del ‘clickbait’ e che si basa sulle fake news, per aderire al codice di condotta e porre fine a quel circolo vizioso che alimenterebbe allo stesso tempo ricavi e disinformazione.
Il commissario all’Unione della sicurezza, Julian King, ha poi che Facebook continuerebbe a tenere aperti 80-90 milioni di account falsi, cioè il 3-4% del numero totale di account, cifre contenute nel rapporto che lo stesso colosso americano ha presentato alla Commissione sull’attuazione delle norme contenute nel Codice di condotta. Facebook sostiene di aver chiuso nel corso 2018 800 milioni di account falsi nel secondo trimestre e altri 754 milioni nel terzo trimestre, gran parte dei quali erano secondo Menlo Park il risultato di attacchi spam con motivazioni commerciali”.
L’APPROCCIO EUROPEO
Quest’ultimo è un tema alquanto rilevante. Per le prossime relazioni, la Commissione si aspetta che Google, Facebook, Twitter e Mozilla sviluppino un approccio più sistematico per consentire un monitoraggio regolare ed una valutazione adeguata fornita sulla base dei dati prestazionali. Il nuovo obiettivo dell’Ue sarà, infatti, anche quello di convincere marchi e inserzionisti a demonetizzare chi diffonde disinformazione.
UN MONDO DI TWEET
Sotto la lente d’ingrandimento anche le misure messe in campo da Twitter, che ha dato priorità anche alla gestione degli account “falsi”, intesi sia come account gestiti da esseri umani per azioni non ammesse (o di disturbo), sia profili guidati in via automatica tramite bot. L’impegno richiesto dalla Commissione a Twitter riguarderà, nel prossimo futuro, anche la limitazione della visibilità e dunque delle azioni degli account che diffondono in modo sistematico bufale.
L’IMPORTANZA DEI BROWSER
Attenzione è riposta anche nei confronti delle “porte d’accesso” alle pagine web: i browser. Mozilla sta per lanciare una versione aggiornata del suo browser Firefox che dovrebbe bloccare il monitoraggio cross-site, anche se c’è il rischio che questo limiti l’accesso alle informazioni circa le attività di navigazione degli utenti (rendendo così più difficile anche il monitoraggio e l’identificazione delle campagne di disinformazione). Google, invece, nel rispetto degli impegni presi col Codice di condotta, in particolare quelli volti a migliorare il controllo dei posizionamenti pubblicitari e gli strumenti di supporto per l’utente, dovrà concentrarsi sull’espandere queste misure in tutti gli Stati membri. La Commissione ha invitato, inoltre, il popolare motore di ricerca di Mountain View – dominatore del mercato – a sostenere azioni di ricerca su ampia scala.