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Gazprom, i record di oggi e il futuro dopo Tap ed Eastmed

La quota di Gazprom sul mercato europeo del gas ha superato il 35% nel 2017. Lo ha detto dalla conferenza europea sul gas a Vienna, il presidente di Gazprom Viktor Zubkoff secondo cui questo record prefigura una maggiore penetrazione nel mercato europeo. Ma cosa succederà quando i nuovi gasdotti assicureranno all’Europa la diversificazione degli approvvigionamenti energetici?

RECORD

Le esportazioni di Gazprom in Europa e in Turchia sono aumentate dell’8,1% e hanno superato i 193 miliardi di metri cubi, nonostante gli sforzi dell’Europa per ridurre la dipendenza dalle compagnie energetiche russe. Secondo il responsabile export di Gazprom, Elena Burmistrova, Mosca sosterrà ancora l’approvvigionamento di gas in Europa per almeno 200 miliardi di metri cubi: “non mi aspetto che questo volume diminuisca nei prossimi anni”, ha confermato a margine della conferenza viennese. Un dato che si intreccia con lo status del colosso: è il maggiore fornitore europeo di gas naturale, raggiungendo circa il 40% della domanda complessiva, la metà della quale è diretta in Germania. Per quantificare il giro di affari complessivo, è utile ricordare che i numeri del gas e quelli del petrolio esportato contribuiscono a circa un terzo del bilancio russo.

CHI SI SMARCA

Ma c’è chi, come ad esempio la Polonia, sta tentando di smarcarsi: nell’ultimo mese i players energetici polacchi hanno compiuto alcune mosse in questo senso; è il caso della Gaz, che assieme alla controparte danese Energinet, ha immaginato una nuova rotta per il gas, sposando il progetto Baltic Pipeline, che mira a collegare la Polonia ai giacimenti in Norvegia. Alcuni accordi sono già stati siglati per garantire consegne di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti. Pochi giorni fa inoltre c’è stato un altro passo: tre nuove licenze di produzione in acque norvegesi sono state ottenute da Varsavia. Inoltre il contratto polacco con Gazprom scade nel 2022 e il governo ha già lasciato intendere che non intende rinnovarlo, anche a causa di frequenti interruzioni dell’approvvigionamento nell’ultimo decennio.

SCOGLI

Al momento sono due gli scogli significativi con cui il colosso russo del gas si sta misurando. A causa della volatilità del rublo e delle sanzioni statunitensi, le società russe sono molto caute nell’emettere obbligazioni in dollari. Infatti i collocamenti di obbligazioni in valuta estera di Gazprom lo scorso anno sono state in euro, in franchi svizzeri e in yen giapponesi. E anche se Gazprom non rientra nell’elenco delle aziende sanzionate, il ceo Alexei Miller sì. Altro neo si ritrova nell’impossibilità di Gazprom di ottenere un prestito dalla China Development Bank per la costruzione del nuovo impianto di trasformazione ad Amur del valore di 14 miliardi di dollari. Lo stabilimento sarà il più esteso della Russia e in assoluto il secondo più grande al mondo. Il no cinese costringerà Gazprom a usare prestiti ponte. Di contro è riuscita a raggranellare due tranches del valore 1,06 miliardi di dollari da Mitsubishi Ufj Financial Group e Citibank.

SCENARI

Come potrà cambiare la richiesta europea di gas una volta che i due nuovi vettori saranno a pieno regime? Tap e l’Eastmed si pongono come uno spartiacque ideale nella nuova politica energetica, sia del vecchio continente che del versante eurasiatico. Il primo è ormai in fase avanzata, con l’80% dei lavori ultimati su suolo greco e albanese. Il secondo vedrà la luce verosimilmente tra cinque anni e sarà di 1500 chilometri (più le variabili legate al fondale marino) per portare il gas israeliano a Creta e fino in Salento. Si tratta del gasdotto sottomarino più lungo e più profondo al mondo, in grado di trasportare fino a 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno anche per via del fabbisogno europeo, che manifesta un trend di crescita pari a 100 miliardi di metri cubi annui entro il 2030. Obiettivo, ridurre l’influenza araba e caucasica in Europa e diversificare l’approvvigionamento energetico per il vecchio continente. Sui progressi di Eastmed, sul cronoprogramma e sugli accordi-base c’è stata due giorni fa la visita del ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi a Gerusalemme, ricevuto dal premier Benjamin Netanyahu a cui ha fatto seguito il meeting di Cipro a cui, oltre agli altri leaders europei, hanno preso parte per il panel energetico i rappresentanti di Italia, Egitto Cipro, Israele e Grecia.

twitter@FDepalo

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