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Trump, Stati Uniti e Cina. Il fondatore di Huawei rompe il silenzio

Il suo nome è sulle prime pagine dei quotidiani internazionali da più di due mesi. Aveva scelto il silenzio stampa, Ren Zhengfei, 74 anni, ex ufficiale dell’Esercito di liberazione popolare cinese che ha fondato Huawei, il colosso hi-tech di Shenzen oggi al centro delle tensioni diplomatiche fra Cina, Stati Uniti e Canada dopo l’arresto, lo scorso 6 dicembre, della figlia di Zhenfei, Meng Wanzhou, numero due dell’azienda. Nel 2015 l’ultimo suo discorso alla stampa estera. Oggi il colpo di scena. Con una conferenza stampa a sorpresa il patron di Huawei ha convocato i cronisti presso il nuovo quartier generale nella città industriale di Dongguan per dire la sua sulle accuse che le agenzie di intelligence di mezzo mondo rivolgono alla sua creatura. “Mi manca molto mia figlia” – ha esordito Zhengei – Huawei non ha mai ricevuto alcuna richiesta da alcun governo di fornire informazioni improprie. Io amo ancora il mio Paese, supporto il Partito Comunista, ma non farò mai niente per far del male a un altro Paese nel mondo”.

Quanto alla cerchia di Paesi che ha deciso di escludere Huawei dalla fornitura della rete 5G perché accusata di utilizzare le infrastrutture strategiche per spiare i governi stranieri, Zhenfei si è limitato a negare le accuse sostenendo che “in Cina non c’è alcuna legge che obbliga le aziende a installare delle backdoors” e che infatti “la compagnia non ha mai avuto seri incidenti”. Qualora la Città Proibita richiedesse informazioni riservate all’azienda, ha aggiunto, “risponderemmo decisamente no”. Il fondatore ha dunque spiegato che la dirigenza dell’azienda a Shenzen non teme le ritorsioni: “Funziona da sempre così, non puoi lavorare con tutti. Ci focalizzeremo sui Paesi che accolgono meglio Huawei”.

Difesa a parte, è il prosieguo del discorso di Zhenfei ai giornalisti che ha lasciato di stucco esperti e osservatori internazionali. Interrogato sui rapporti con gli Stati Uniti, leader della coalizione globale anti-Huawei che con Donald Trump alla Casa Bianca hanno stretto la morsa sull’azienda vietando tanto all’esercito quanto al governo federale di usare i suoi dispositivi, e che ora attendono l’estradizione della figlia Meng dal Canada, il patron cinese ha riservato parole docili nei confronti del Tycoon, definendolo “un grande presidente” e per di più lodando la sua riforma fiscale perché “ha abbassato le tasse sulle imprese”.

Toni che contrastano visibilmente con quelli scelti finora dal governo cinese. In occasione delle celebrazioni per i 30 anni delle riforme di Deng il presidente Xi Jinping aveva ricordato al mondo che “nessuno può dire alla Cina cosa può fare”. Per di più è notizia delle ultime ore che la Commissione di Vigilanza cinese sulle imprese di Stato (Sasac), in risposta a un simile avvertimento del Dipartimento di Stato americano, ha chiesto ai dipendenti delle aziende statali di portare all’estero solo i computer portatili forniti in dotazione. All’elogio di Trump Zhenfei ha aggiunto un auspicio per un miglioramento delle relazioni con il governo e i partner americani: “Questo è il mio messaggio agli Stati Uniti: collaborazione e successo comune. Nel nostro mondo dell’high tech, è sempre meno possibile per una sola azienda o un solo Paese soddisfare il fabbisogno mondiale”.

Secondo gli esperti, la scelta del miliardario di esporsi sul caso Huawei sarebbe stata dettata dall’escalation di provvedimenti presi dai governi occidentali contro l’azienda. L’ultimo in ordine di tempo l’arresto in Polonia di un dirigente Huawei accusato di spionaggio, da cui la stessa azienda ha preso le distanze. È tuttavia improbabile che un’icona del mondo imprenditoriale cinese come Zhengfei abbia interrotto un silenzio di più di tre anni senza un previo consulto con il governo. In questo senso andrebbero lette alcune delle dichiarazioni rilasciate che hanno esondato dal caso Huawei, come quando il patron ha spiegato che la sua azienda “è solo un seme di sesamo nel conflitto commerciale fra Cina e Stati Uniti” e che affinché la riforma fiscale di Trump funzioni è necessario “trattare bene le aziende e i Paesi cosicché siano disposti a investire negli Stati Uniti”.

(Foto: qz.com)

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