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Libia, ancora violenza sulla strada che porta ad elezioni?

Le nuove violenze a Derna possono inficiare il percorso che porterà a elezioni regolari in Libia? Le crescenti ostilità nella città petrolifera, dopo i casi di Sirte e Tripoli, stanno diventando una fonte di preoccupazione, come ha detto la coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite per la Libia a seguito di un’intensificazione dei combattimenti che ha portato a “sostanziali vittime civili”. Le parole di Maria Ribeiro si incastrano nelle certezze di Salamè, inviato Onu, secondo cui le elezioni parlamentari “potrebbero aver luogo già nella prossima primavera”.

DERNA

“Chiedo fermamente un accesso umanitario incondizionato, senza ostacoli e duraturo ai civili colpiti” ha detto Maria Ribeiro, la coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite per la Libia. Si è detta profondamente preoccupata per l’escalation delle ostilità nella città orientale di Derna e il conseguente ulteriore deterioramento della situazione umanitaria. Infatti è dal 2014 che il Daesh ha attaccato la città coinvolgendo una coalizione di militanti islamici pro-sharia, l’esercito nazionale libico e le forze locali.

Secondo Ribeiro oltre alle numerosissime perdite civili, gli scontri hanno indebolito le infrastrutture e i servizi, lasciando alcuni civili senza cibo, acqua e cure mediche. Lo scorso dicembre un ospedale di Bengasi è stato colpito dai terroristi nelle stesse ore in cui veniva attaccato il ministero degli Esteri nella capitale. Stessa sorte è toccata ad un nosocomio di Tripoli.

ALLARME

Una situazione di costante emergenza, a cui fa da sfondo l’allarme lanciato dell’ex ambasciatore libico all’Onu Ibrahim Dabbashi, secondo cui la Libia rischia di smarrire l’ultima possibilità di una soluzione dopo lo stallo post rivoluzione “perché i partiti politici sostenuti dall’Occidente stanno complottando per dirottare i colloqui cruciali”.

Un avvertimento che il diplomatico ha messo nero su bianco in una missiva indirizzata a Ghassan Salamé, l’inviato speciale dell’Onu per la Libia. Nella lettera Dabbashi asserisce che “alcuni partiti libici supportati dai membri attivi del Consiglio di sicurezza dell’Onu stanno tentando di dirottare la conferenza nazionale”. Per cui, sostiene, Salamé non dovrebbe essere ingannato da questi gruppi, “che già occupano la scena politica caotica e stavano cercando di far naufragare la riunione per mantenere il loro potere, piuttosto che trovare una soluzione politica a lungo termine”.

Ma se da un lato non cita esplicitamente i responsabili, dall’altro è protofanico come gli alleati di Haftar siano Francia, Egitto, ed Emirati Arabi Uniti, anche se negli ultimi mesi il Generale della Cirenaica ha migliorato i suoi rapporti anche con l’Italia, e non solo dopo la conferenza di Palermo.

SALAMÈ

Secondo l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salamè, le elezioni parlamentari “potrebbero aver luogo già nella prossima primavera”. E la fase preparatoria starebbe registrando le ultime battute, con altri incontri tra i rappresentanti delle tribù rivali ancora necessari prima che possa essere fissata una data definitiva. Nel frattempo, ha sottolineato, la decisione di convocare la conferenza nazionale è già stata presa e sono iniziati i contatti tra i partner.

Passaggio significativo si ritrova, secondo l’inviato speciale, nel cessate il fuoco a Tripoli che “è notevolmente rispettato”. Una situazione che è al momento monitorata dallo stesso Salamè assieme ad un gabinetto di crisi a cui partecipano 15 alti funzionari di polizia.

Una strategia che, ha aggiunto, può contare anche sul lavoro del ministro dell’Interno Fathi Ali Bashagha che ha sostituito un certo numero di agenti. Inoltre sul territorio libico persiste la presenza di un numero significativo di armi di contrabbando, circa 15 milioni. E riuscire a sequestrarle sarà “la grande sfida” della nuova missione che l’Onu metterà in atto a breve a Bengasi.

Insomma, Salamè predica ottimismo mentre Ribeiro sciorina i numeri delle vittime. Il primo spera che comunque un sostanziale cambio di passo possa venire dalla stabilizzazione del dossier petrolifero, con maggiori entrate che possano stemperare le lotte politiche e, anche attraverso il sostegno delle Nazioni Unite, convincere i libici ad accettare l’esito delle elezioni.

PETROLIO

Come in un ripetitivo gioco dell’oca ecco che si torna al punto di partenza dell’intera vicenda, ovvero il petrolio. Come annunciato dal numero uno di Noc, Mustafa Sanalla, la Libia punta a raddoppiare la sua produzione di petrolio a 2,1 milioni di barili al giorno entro il 2021, ma a condizione che la sicurezza e la stabilità siano rafforzate nel paese.

Il riferimento è ai continui attacchi lanciati dai miliziani, spesso in collaborazione con le guardie stesse, ai giacimenti petroliferi. È accaduto a El Sharara lo scorso 8 dicembre dove membri della tribù, manifestanti armati e guardie statali chiedevano il pagamento di stipendio e fondi per lo sviluppo per lasciarlo libero.

Per cui fin quando non si scioglierà il nodo della sicurezza nei giacimenti, accanto ad un accordo con le singole tribù, difficilmente il panorama potrà stabilizzarsi.

Pochi giorni fa il presidente americano Donald Trump ha definito la caduta di Muammar Gheddafi nel 2011 come una catastrofe, dicendo che il paese sarebbe stato meglio se l’ex dittatore fosse ancora al potere.

twitter@FDepalo

 



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