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Libia, chi sta lanciando la campagna per proteggere il sud dalle milizie

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Sabha è la più grande città della Libia meridionale, situata nella stessa regione dove si trova il mega giacimento di El Sharara, recentemente oggetto di una feroce rappresaglia da parte di miliziani e truppe non allineate. È la ragione per cui i paramilitari di stanza a Bengasi, guidati da Ahmed al-Mesmari, mettono in campo un’azione per “eliminare bande, terroristi e criminali dello Stato islamico”. Le truppe rispondono al feldmaresciallo Khalifa Haftar e la reazione si intreccia con il trasferimento di diverse unità della Lna da Bengasi a Sabha.

EL SHARARA

Il sito è chiuso dallo scorso dicembre, quando fu attaccato da manifestanti armati, da membri delle tribù e da guardie statali che chiedevano il pagamento di somme di denaro per lasciarlo libero. E infatti il numero uno della Noc, Mustafa Sanalla, presidente della National Oil Company, di proprietà statale, ha dichiarato che non lo riaprirà (nonostante la potenzialità stimata in 315.000 barili al giorno) in assenza di un nuovo accordo di sicurezza.

Gli attacchi, secondo alcune ricostruzioni, solo in apparenza sono stati causati dalle proteste relative alle retribuzioni: fino ad oggi sono costati circa 32,5 milioni di dollari al giorno in termini di produzione persa. Per cui il totale ammonta a non meno di 100 miliardi di dollari andati in fumo a causa degli attacchi, che si sommano ai numerosissimi dell’ultimo lustro a danno delle strutture petrolifere libiche.

NOC

Sanalla, in accordo con il primo ministro riconosciuto a livello internazionale, Fayez al-Sarraj, punta a realizzare un ombrello di sicurezza internazionale che, da un lato, protegga il giacimento e, dall’altro, sia foriero di una progressiva stabilizzazione anche in chiave elettorale. Secondo il vertice di Noc il piano prevede la creazione di zone cuscinetto all’interno del sito per impedire a chiunque di entrare senza un pass, così da riuscire a espellere i non autorizzati.

Ma la nuova strategia passerà inevitabilmente anche da un accordo con le guardie, che potrebbero ripetere le condotte aggressive. Non va dimenticato che si tratta di un’area assolutamente peculiare per il Paese, dove accanto al noto giacimento di Sharara vi è quello di El Feel, altrettanto significativo.

TREND

È in questo contesto che si inserisce l’azione delle truppe fedeli al generale Haftar. “Il prossimo passo è assicurare tutte le regioni petrolifere della Libia”, ha detto a Bloomberg Ahmed al-Mismari, portavoce dell’esercito nazionale libico. E il sindaco di Sebha, Refa Akhbali, ha confermato l’arrivo nella periferia cittadina delle truppe di Haftar. Si apre così una fase nuova nel capitolo sicurezza dei pozzi libici, con una mossa decisa dall’uomo forte della Cirenaica.

Ma con quali conseguenze? In primo luogo la campagna per proteggere il sud libico, ufficialmente un’area senza legge, potrebbe trovare l’opposizione di quei gruppi ciadiani e sudanesi che imperversano in quel fazzoletto di terre meridionali che, negli ultimi anni post rivoluzione del 2011, si sono caratterizzate per essere davvero l’ago della bilancia dei destini del Paese. Riuscire ad assicurare un buon risultato lì equivarrebbe ad avere più possibilità di costruire il percorso verso il referendum e le elezioni anticipate in un clima di regolarità.

SCENARI

Il Fezzan, dunque, come passepartout per la stabilità economica della Libia, che ha fatto registrare numeri incoraggianti dal punto di vista dei conti: secondo i dati diffusi dalla Banca centrale della Libia il deficit nel 2018 si è attestato a 3,3 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 7,6 del 2017 a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio. Per cui la Libia è riuscita ad ottenere 4,7 miliardi in più del previsto ma la metà degli introiti è stata assorbita dal pagamento dei salari e altri generici cinque miliardi per sussidi governativi.

Per cui, se si pensa che l’aumento delle entrate si è verificato nonostante la chiusura più recente del giacimento di petrolio di Sharara (dopo le principali interruzioni dei porti petroliferi orientali) allora si può ben immaginare a quanto ammonterebbero gli incassi se non vi fossero stati freni alla produzione.

È questa consapevolezza legata al trend dei numeri che potrebbe essere usata per coinvolgere le tribù e portare il Paese fuori dalle sabbie mobili dell’instabilità diffusa.

twitter@FDepalo

 

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