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Libia, nuova tregua e governo diviso a Tripoli. Cresce l’incognita Serraj

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Ennesimo tentativo di tregua in Libia. Dopo le violenze e gli scontri degli ultimi giorni il Consiglio sociale di Bani Walid ha annunciato un accordo per il cessate il fuoco tra il Consiglio supremo di riconciliazione di Tripoli e il Consiglio degli anziani di Tarhuna in modo da far rientrare la situazione nella parte sud della capitale libica. E mentre le nuove disposizioni prevedono che tutti i gruppi combattenti debbano ritirarsi a 15 chilometri di distanza dalle loro attuali posizioni, un’altra crisi interna si sta consumando nei gangli del governo di accordo nazionale. Incassata la sfiducia dei suoi tre vice, infatti, il presidente Fayez al Serraj ha deciso di rimuovere il suo vice Ahmed Maetig, attraverso il decreto presidenziale 42/2019, dalla presidenza dell’Assemblea generale della Libyan Post Telecommunications and Information Technology Company (Lptic).

Un’azione che, anche secondo fonti da Tripoli raccolte da Formiche.net, sembrerebbe a tutti gli effetti un ricatto. E che, in teoria, non avrebbe nemmeno valore legale in quanto, secondo l’accordo di Shkirat che regola il Consiglio presidenziale, servirebbe l’accordo unanime di tutti i vice (come era accaduto per la nomina di Maetig) e non la sola presa di posizione di Serraj.

Tuttavia, nonostante le effettive incongruenze che continuano ad accumularsi nei riguardi delle ultime mosse del presidente libico, Serraj ha nominato al posto di Maetig membro dell’Assemblea il ministro dell’Economia, Ali al Isawi e il titolare del dicastero delle Finanze, Farj Boumtari. Dunque, un altro elemento che si aggiunge al puzzle caotico che coinvolge la gestione della res publica libica da parte di Serraj che si trova ormai al centro del mirino di una diatriba interna difficile da gestire. Tanto più che le ultime mosse di Serraj pongono un interrogativo anche sul rapporto di quest’ultimo con il rispetto del patto Onu siglato con Ghassan Salamè. Il presidente del governo di accordo nazionale, infatti, aveva promesso all’inviato speciale delle Nazioni Unite che non avrebbe più preso decisioni in completa autonomia.

La capitale intanto è ripiombata, come accade ormai ciclicamente, nel vortice degli scontri tra milizie e il presidente libico sottolinea come la sfiducia accordategli dai suoi vice rientri proprio nella “volontà di portare divergenze all’interno dell’organismo, invece di disinnescarle”. “I consiglieri devono operare con saggezza nella gestione di questa fase politica”, sono le parole usate da Serraj. Che ha poi chiesto di “trovare un quadro costituzionale per le elezioni prima che le date vengano fissate”. D’altro canto però, sempre secondo fonti da Tripoli, gli stessi soldi della società per le Telecomunicazioni verrebbero utilizzati per finanziare illegalmente le milizie di Tripoli più vicine al presidente.

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