Ha preso avvio in Senato l’iter parlamentare del decreto Semplificazioni in cui sono presenti tre emendamenti no-triv, che riguardano le attività di estrazione di metano e petrolio. Che cosa si rischia in concreto se tutto dovesse saltare?
Con quali conseguenze industriali, sociali e occupazionali? Secondo il senatore Paolo Arrigoni, responsabile del dipartimento Energia della Lega, gli emendamenti pentestellati sono sbagliati e la Lega lavorerà da un lato per garantire quei posti di lavoro, dall’altro per non smarrire la strada dello sviluppo legato all’autonomia energetica del Paese.
Caso No triv, secondo Assomineraria 20mila posti di lavoro sono a rischio: è così?
Il rischio esiste e gli emendamenti del M5s, che noi consideriamo sbagliati, hanno l’effetto di mettere in seria crisi un settore che incide in maniera diretta e indiretta sul versante occupazionale. Per cui siamo in presenza di un vero e proprio indotto. La nostra preoccupazione verte proprio sul rischio dei posti di lavoro.
Quali le conseguenze per chi ha già ottenuto le concessioni?
Siamo in presenza di un cambio di regole in corso, con la prospettiva che si aprano dei contenziosi, anche a livello internazionale, che vanno scongiurati. Dobbiamo auspicare che il nostro Paese non sia soccombente e poi costretto ad un esborso finanziario, che graverebbe sulle tasche dei contribuenti italiani.
I tre emendamenti No triv potrebbero essere un pericoloso precedente di stampo ideologico?
Non so dire se dietro a questi tre emendamenti vi sia dell’ideologia, certamente non si può pensare ad uno sviluppo futuro per il nostro Paese basato esclusivamente sulle fonti rinnovabili, né immaginare di andare avanti con il 90% della dipendenza dall’estero per le fonti primarie. Ritengo che un Paese intelligente debba potersi intestare una maggiore autonomia da questo punto di vista. Pur ponendo la necessaria attenzione all’insieme delle problematiche di natura ambientale, e sottolineando che nuovi siti in aree protette, come golfo di Venezia, di Napoli, di Salerno, potrebbero doversi fermare nonostante i permessi di ricerca e le autorizzazioni a trivellare al largo, credo che la ricerca di nuovi idrocarburi, non solo liquidi, vada sostenuta. Non va mortificato l’intero settore, mentre dall’altro versante dell’Adriatico, dalla Croazia alla Grecia, qualcun altro lo sta sfruttando.
Il dossier idrocarburi tramte i gasdotti Tap e Eastmed è ormai centrale nel Mediterraneo orientale, con il quadrumvirato tra Israele, Egitto, Cipro e Grecia. Il ruolo italiano?
L’Italia deve essere protagonista, a 360 gradi, sui temi energetici e anche sulla progettazione delle infrastrutture ad essi connesse. Per intenderci, non siamo tifosi della decrescita felice. Lo sviluppo si ottiene con la valorizzazione dei comparti industriali di eccellenza, con la diversificazione degli approvvigionamenti energetici che conducano ad una maggiore autonomia per l’Italia, con la convivenza tra progettualità e rispetto ambientale.
Che elemento è stato la piazza “sì-tap” da un punto di vista imprenditoriale oltre che politico?
Sulla tav eviterei di rispondere. Confermo solo che la Lega è per lo sviluppo delle infrastrutture, è disponibile ad attendere un’analisi seria su costi e benefici, ed è anche favoevole a dare la parola al popolo con uno strumento partecipativo, che può essere quello di un referendum consultivo.
No tav, No triv, No tap: è possibile programmare il futuro in Italia senza veti ideologici? Come?
Penso che, per un senso di responsabilità nei confronti dell’Italia, non debbano esserci veti ideologici e che ci si debba basare solo sulla scienza e su un sano pragmatismo, attraverso i quali impedire che, ad esempio, tutta la produzione di energia elettrica continui a passare solo da fonti rinnovabili che per definizione, ad eccezione dell’idroelettrico, non sono programmabili. Ulteriore obiettivo è garantire la sicurezza del sistema energetico nazionale. Ragion per cui ritengo che il gas debba avere in futuro un’importanza strategica per l’Italia.
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