Il leader della maggioranza repubblicana al Senato, il politico più importante per l’Elefantino, Mitch McConnell, ha detto che lo shutdown potrebbe durare altri giorni, se non altre settimane. La dichiarazione del senatore senior dal Kentucky ha un certo spessore non solo per il ruolo che occupa, ma perché è arrivata dopo una riunione tenuta con altri congressisti nello Studio Ovale della Casa Bianca, alla presenza del presidente Donald Trump e del suo staff politico.
Al vertice erano presenti anche i democratici e i più alti funzionari del dipartimento della Homeland Security (Dhs), perché la chiusura parziale di molte attività federali già in atto da dodici giorni potrebbe diventare (o esserlo già) una questione di sicurezza nazionale. McConnell dice che “c’è stata una discussione civile, speriamo che in qualche modo nei prossimi giorni e settimane saremo in grado di raggiungere un accordo”.
Ma l’accordo ancora non c’è, perché manca il modo per rompere lo stallo su Muro. McConnell dice che con i democratici c’è stato un “buona confronto” sul controllo delle frontiere, ma non si riesce a intavolare un negoziato sui fondi da stanziare a bilancio per la costruzione del muro trumpiano al confine col Messico. I Dem non vogliono sentir parlare di alzare di nemmeno un dollaro il bilancio federale per l’infrastruttura.
C’è un pacchetto legislativo che permetterebbe di finanziare fino all’8 febbraio il Dhs da votare oggi alla Camera, giorno in cui l’Asinello prenderà il controllo dell’assise vinta con l’elezioni di metà mandato di due mesi fa. I democratici lo voteranno – farlo passare è anche una necessità davanti all’elettorato, che vuol vedere un imprinting diverso da quello molto trumpiano che finora avevano i deputati. Un secondo blocco di normative dovrebbe essere proposto dopo, e far arrivare il bilancio fino al 30 settembre, ossia alla chiusura dell’anno fiscale del 2019. Ma i senatori repubblicani, in accordo con la Casa Bianca, hanno già fatto sapere che non avranno intenzione di far passare il provvedimento: è “un totale non-starter” ha detto McConnell.
Il Muro è un punto politico – e la proposta democratica che riguarda l’aumento dei fondi per i Border Patrol, senza però avviare la costruzione dell’opera, non si è mossa di un centimetro dal 22 dicembre, quando lo shutdown è iniziato, ed è dunque considera ancora non soddisfacente.
Ieri il senatore Lindsey Graham – congressman del South Carolina, tra i politici più vicini a Trump in questo momento, usato come consigliere a tutto campo dal presidente – ha spiegato la situazione in diretta televisiva a Sean Hannity, l’anchorman di Fox News preferito dalla Casa Bianca. Graham ha detto che Trump non può votare un budget che non preveda fondi concreti per il Muro, perché altrimenti “sarebbe la fine della sua presidenza”.
“Donald Trump ha fatto una promessa al popolo americano, se cede ora è già finito il 2019”, che è l’anno che porterà la Casa Bianca verso la riconferma. La linea di Graham è elettoralmente strategica: Trump promette il muro al confine col Messico fin dalla corsa elettorale del 2016, e sulla protezione dei confini ha cercato di infiammare nuovamente la sua base durante la campagna per le Midterms. Se accettasse un accordo con i democratici – costantemente vituperati dal presidente via Twitter – senza soldi per l’infrastruttura sarebbe una sconfitta politica che potrebbe macchiare la gara per la riconferma nel 2020.
Di più: “Sarebbe la fine per noi come repubblicani se ci arrendiamo su questo argomento”, ha detto Graham. “Spero che Mitt Romney e tutti gli altri sappiano che è una lotta che vale la pena fare”. Romney, ex contender repubblicano nel 2012 e altro leader politico del Grand Old Party (da novembre senatore per lo Utah), è tirato in ballo per via di un op-ed scritto da lui e pubblicato ieri dal Washington Post, in cui ha criticato duramente Trump per la sua inadeguatezza al ruolo di presidente.
Romney ha comunque già detto che avrebbe votato a favore del Muro, in un’intervista televisiva sulla Cnn, e dunque Graham prova solo a fare un qualche genere di spin politico a favore del presidente in sofferenza, in questa fase della sua carriera in cui si è avvicinato a Trump dopo averlo sommerso di critiche durante il primo anno di mandato.