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Berlino come Washington? Gli 007 tedeschi analizzano i pericoli del 5G made in Cina

5G, Huawei

Berlino come Washington? Dopo gli allarmi provenienti da oltre Atlantico, cresce anche in Europa – e in particolare nel Paese guida del vecchio continente, la Germania -, l’attenzione sul dossier 5G e sui risvolti di sicurezza collegati allo sviluppo delle reti mobili di quinta generazione, una tecnologia rilevante e sensibile, perché in grado di abilitare una vasta gamma di servizi IoT.
L’Ufficio Federale per la Sicurezza Informatica, il Bsi (ovvero l’agenzia governativa d’intelligence responsabile per la cyber security), sta infatti indagando a fondo se le tecnologie di colossi cinesi come Huawei e Zte potrebbero costituire – come denuncia da tempo l’intelligence americana – una concreta minaccia per la sicurezza nazionale. A riferirlo – scrive Reuters – è stato il gruppo editoriale tedesco Funke, citando le parole del ministro dell’Economia Peter Altmaier.

L’ATTENZIONE DELLA GERMANIA

La notizia fa il paio con quella, emersa in settimana, di un incontro del Consiglio dei ministri tedesco volto proprio a discutere dell’introduzione di regole più severe per garantire il Paese da furti e spionaggio di dati nel caso di un ruolo primario delle telco cinesi nel mercato domestico, in vista dell’asta in programma nella seconda metà di marzo. Pochi giorni fa era stata la stessa Angela Merkel in visita in Giappone a dettare la linea. In un discorso tenuto alla Keio University, la cancelliera aveva sottolineato come la sicurezza fosse il prerequisito fondamentale per tutte le aziende che desiderano lavorare e fare affari in Germania e che per questo Berlino vorrà garanzie da Huawei e dal governo cinese prima di permettere al fornitore di attrezzature di rete di Shenzhen di essere della partita. Come questo avverrà non è ancora chiaro: il Paese europeo vorrebbe evitare di rompere con Pechino e dunque di escludere del tutto le compagnie cinesi, ma non può nemmeno fidarsi di un accordo “sulla parola”, già fallito negli Usa. Chiederà piuttosto di poter controllare in modo accuratissimo le apparecchiature delle società della Repubblica Popolare e, semmai, le terrà fuori dal “cuore” della rete (una linea simile a quella alla quale lavora Parigi, che sta mettendo in piedi un complesso meccanismo di certificazione dell’hardware made in Cina). Ad ogni modo i commenti di Altmaier confermano qualcosa di importante. Innanzitutto che non è vero, come sembrava in un primo momento, che Berlino avesse deciso di permettere a Huawei e Zte – le due aziende cinesi al centro delle cronache – di concorrere senza condizioni allo sviluppo del 5G nazionale. E, considerato il peso di Berlino, si tratta di un dettaglio di non poco conto.

IL PRESSING USA

E poi rappresenta il segno tangibile che l’appello di Washington non è rimasto inascoltato. Gli Stati Uniti stanno infatti conducendo un pressing, che – dopo aver compattato l’alleanza anglofona di intelligence sharing dei Five Eyes – cerca ora di sensibilizzare le istituzioni europee e quelle dei singoli Stati membri sull’importanza di non sottovalutare i rischi di sicurezza connessi a apparecchiature cinesi per le reti 5G (soprattutto in virtù del fatto che la legge cinese obbliga le aziende nazionali – anche quelle operanti all’estero – a fornire alle autorità qualsiasi informazione richiesta).
Nel Vecchio continente, dove non c’è ancora una linea precisa sulla questione, sono state finora espresse – in misure e modi diversi – svariate preoccupazioni sul tema: è il caso di Regno Unito, Francia, Polonia, Norvegia e la già citata Germania. In Italia, invece, il governo italiano, in particolare il ministero dello Sviluppo economico ha smentito la presunta messa al bando di Huawei e Zte in vista del 5G riportata da alcuni media (sul tema sarebbe comunque in atto una indagine conoscitiva del Copasir).

LA PROSSIMA MOSSA USA

Prosegue nel frattempo iI braccio di ferro tra Washington e Pechino. Il presidente Usa Donald Trump si appresterebbe infatti a firmare la messa al bando dei sistemi di telecomunicazioni delle aziende cinesi dal 5G statunitense.
La possibile mossa della Casa Bianca – riportata dall’edizione Usa di Politico che cita diverse fonti anonime – potrebbe arrivare già la prossima settimana (se ne parlava già alla fine di dicembre), prima del Mwc di Barcellona (il Mobile world congress, la più importante fiera al mondo sulla telefonia mobile in programma dal 25 al 28 febbraio) , un evento internazionale che riunisce l’industria di settore e dove ci si aspetta che il tema degli effetti della nuova tecnologia sarà sicuramente affrontato (gli Usa saranno presenti con una folta delegazione che include, tra gli altri, il presidente della Fcc Ajit Pai, Rob Strayer, funzionario cyber presso il Dipartimento di Stato, e Strayer Manisha Singh, sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico.

Se le indiscrezioni fossero confermate, si tratterebbe di un ulteriore inasprimento delle posizioni americane nei confronti della tecnologia cinese. A dicembre, il Dipartimento di Giustizia ha incriminato due agenti cinesi a causa di una una decennale campagna di intrusioni digitali in imprese e agenzie governative degli Stati Uniti. Solo un mese dopo, lo stesso DoJ, ha accusato Huawei e il suo chief financial officer, Meng Wanzhou (figlia del fondatore Ren Zhengfei), fermata in Canada, di aver violato le sanzioni statunitensi contro l’Iran (è già partita la richiesta di estradizione degli Stati Uniti).

Non a caso ad agosto, il presidente Trump ha firmato una legge che impedisce agli operatori statunitensi che usano tecnologia cinese di ottenere contratti dal governo federale. Ora è probabile che l’ordine esecutivo vieterà esplicitamente alle aziende di telecomunicazioni Huawei e Zte di partecipare all’implementazione della nuova rete mobile.

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